Recensioni - Cultura e musica

Simon Boccanegra cupo ed elegante

Titolo inaugurale del Festival Verdi del bicentenario

Parma, per il festival del bicentenario Verdiano, ha reso omaggio al genio con Simon Boccanegra. Opera verdiana commissionata dal Teatro La Fenice nel 1857 e andata in scena lo stesso anno, con grande delusione dell'autore e di pubblico: "un fiasco quasi altrettanto grande che quello della Traviata" scriverà Verdi. Bisognerà aspettare il 1881 per vedere rinato il Simon Boccanegra nella versione da noi conosciuta. Questa seconda versione trovò il favore del pubblico, anche se non è stata mai riconosciuta come capolavoro assoluto, e rimane ancor'oggi al di fuori del grande repertorio del genio di Busseto.

 La direzione dell'orchestra Filarmonica Toscanini e' stata affidata a  Jader Bignamini. Con grande maestria e classe ha saputo ben equilibrare il tessuto orchestrale con le voci  dei protagonisti. Orchestra preparata e in perfetta simbiosi con il coro del TeatroRegio, diretto da Martino Faggiani.
A tale qualità musicale ha fatto da contraltare la regia di Hugo de Ana, nell'allestimento realizzato nel 2004: giganteschi pannelli rotanti sono alla base dei cambi scena e delle entrate dei vari personaggi. Grigio , blu cobalto e nero sono i colori preponderanti che rendono tristi e sofferte le scene del prologo e le principali scene intimiste. Ciò, forse, per rimanere in linea con le idee del maestro di Busseto che diceva di Simon Boccanegra: "essa è un opera triste perché deve essere triste, ma interessa". A questi ambienti cupi si associano le luminose scene di massa in cui, i meravigliosi costumi, prendono il sopravvento visivo lasciando il pubblico estasiato.
Nei panni del protagonista, Simone, un grande Roberto Frontali. Voce piena che riempie con facilità il palcoscenico. Nonostante ci si possa aspettare l'imponente voce di un doge che governa la Genova dell'epoca ci si trova di fronte ad una voce meno sonora che quindi sottolinea l’aspetto emotivo del personaggio. Tale caratteristica rende emozionanti i duetti con Amelia e le scene più patetiche. Ottima prova la sua sia come cantante che come attore.
La figlia Di Simone, Amelia, interpretata da Carmela Remigio, ha invece trasmesso poca emozione al pubblico in sala. Brava e preparata dal punto di vista tecnico -fraseggio aggraziato e ottima coloritura- ma spesso opaca nel registro grave ha incontrato qualche nelle scene d'insieme in cui emergeva solo nei passaggi acuti. Adeguata la recitazione ad eccezione della scena in riva al mare risultata, in alcuni momenti, poco coerente con il testo cantato.
Possente, potente è vibrata la voce di un ottimo Fiesco: Giacomo Prestia, che lo ha reso cupo e quasi mefistofelico. Ottimi i duetti con Simone, ottima presenza scenica e capacità interpretativa.
Gabriele, interpretato da Diego Torre, è riuscito a farsi spazio in voci di grosso calibro rendendo pulita e impeccabile la sua prova. Forse l'unico difetto è stato un lieve restringimento vocale negli acuti che però non ha portato problemi di intonazione.
Bravo il Paolo Albiani di  Marco Caria, che con voce brillante e piena ha dato il giusto spessore al malefico ruolo. Ottima la scena della maledizione resa con  drammaticità.
Calorosa la risposta del pubblico di Parma per un'opera verdiana poco conosciuta e che forse, meriterebbe uno studio registico e artistico nuovo, capace di snellire la cupezza intrinseca dell'opera.

Claudio Giacoboni 6 ottobre 2013