Recensioni - Cultura e musica

Steve Turre e Renato Borghetti martedì 27 giugno 2006 al Verona Jazz

Un vero e proprio viaggio all’interno della musica quello che ha contraddistinto ieri l’esibizione di Steve Turre. Un viaggio, più...

Un vero e proprio viaggio all’interno della musica quello che ha contraddistinto ieri l’esibizione di Steve Turre. Un viaggio, più propriamente, durante il quale il trombonista di origini messicane ha saputo trasportare un pubblico entusiasta nei meandri del jazz, del blues e dei ritmi caraibici.

Evidente è stata la già nota versatilità ritmica di questo strepitoso musicista che, seppure accompagnato da un contrabbasso e da un pianoforte forse un po’ asettici o, comunque, troppo “scolastici”, ha comunque regalato vivacità ed emozioni, sia attraverso brani di propria composizione che attraverso brani di altri autori, tra cui la splendida ed intramontabile “My funny Valentine”. Graffianti e grintosi gli interventi sonori del batterista Jaimeo Brown e della viloncellista/cantante Akua Dixon Assolutamente straordinario l’uso che Turre fa delle proprie conchiglie, suonate con la tecnica “a mano” del corno ed impareggiabile, in particolare, l’utilizzo delle due conchiglie più grandi le quali, soffiate contemporaneamente, producevano stupendi suoni bicordi. Davvero un “Super Sound”.

Seconda parte della serata all’insegna del suono della Gaita Ponto, fisarmonica a bottoni sviluppatasi nella parte meridionale del Brasile. Renato Borghetti è virtuoso dello strumento e ne ha dato prova nello splendido concerto eseguito con il chitarrista Daniel Sa, il pianista Vitor Peixoto e l’eclettico Pedro Figuereido al flauto e al clarinetto. Tecnica eccellente, il quartetto ha coinvolto il pubblico presente offrendo un repertorio che trae origine direttamente nella musica sudamericana di provenienza, ne trasmette le sonorità, i ritmi e anche la teatralità. Borghetti, il cui look richiama volutamente quello dei “gauchos” si è lanciato in sfide sonore dapprima con Daniel Sa e poi con il flautista Figueiredo. Il “duello” scenografico e fisico ha divertito e caricato tutti i presenti che hanno ricambiato con un caloroso applauso i “gauchos”.

E’ apprezzabile e riuscito lo sforzo della organizzazione del Verona Jazz di aprire la manifestazione jazzistica ad influenze musicali non propriamente tradizionali ma che offrono l’opportunità di apprezzare gli sviluppi del jazz nell’era moderna. Una strada apprezzata anche dal pubblico e sulla quale vale la pena insistere.

Guido Paratico / Donata Luani