Recensioni - Cultura e musica

Successo “d’altri tempi” per il Corsaro a Busseto

Trionfo di pubblico per la trasferta in terra bussetana del Festival Verdi

Chi ritiene che l’opera lirica sia una forma di spettacolo ormai superata, quasi museale, ed incapace di comunicare ancora qualcosa ai giorni nostri, si sarebbe probabilmente ricreduto se avesse assistito alla replica del Corsaro di Giuseppe Verdi allestito al Teatro Verdi di Busseto di cui riferiamo.
La partecipazione entusiasta del pubblico e l’interazione con il palcoscenico nel corso della serata hanno infatti raggiunto livelli tali da farci credere di essere tornati all’epoca in cui il teatro lirico era parte integrante della vita sociale e culturale ed ogni spettacolo era “vissuto” con grande passione.
 

Il Corsaro è un titolo che in seguito al suo debutto, avvenuto nel 1848, non ha goduto di particolare fortuna nel corso del tempo. Trattandosi di opera di transizione, appartenente al periodo cosiddetto degli “anni di galera”, e sicuramente ancora lontano dai livelli che il compositore raggiungerà di lì a pochi anni, è sempre stato catalogato come opera minore o addirittura “svogliata”, di Verdi, anche se non completamente a ragione.
Sicuramente lo stile musicale del compositore si sta ancora formando: pur venendo meno infatti la componente eroico-risorgimentale che aveva caratterizzato i titoli d’esordio, mancano ancora quelle raffinatezze che saranno la cifra espressiva della sua maturità, tuttavia anche questa partitura “sperimentale” presenta motivi di interesse. Nel lavoro di estrema sintesi che Verdi ha tratto dal libretto di Piave (i tre atti durano poco più di un’ora e mezza) emergono alcuni momenti estremamente riusciti quali ad esempio la prima aria di Medora, accompagnata dall’arpa, oppure tutta la scena del carcere del terzo atto, forse il momento migliore dell’opera, oppure il concertato finale nel quale è ripetuto per ben due volte un passaggio che tornerà assolutamente identico, ma con ben altri risultati, tre anni dopo nel duetto tra il protagonista e la figlia del primo atto di Rigoletto.
Opera pertanto meritoria quella del Festival Verdi che ne ha riproposto l’allestimento curato da Lamberto Puggelli alcuni anni orsono per il Teatro Regio di Parma trasferendolo in quel piccolo gioiello che è il Teatro Verdi di Busseto.
Se da questa scelta l’aspetto visivo ha perso qualcosa (le scene infatti risultavano un po’ compresse sul minuscolo palcoscenico, nonostante la pulizia e la sobrietà della regia abbiano fatto scorrere perfettamente l’azione senza mai dare l’idea di farraginosità o di impaccio) il versante musicale ne ha sicuramente tratto vantaggio. Le ridotte dimensioni del teatro, che contiene poco più di 200 persone, hanno infatti consentito un contatto molto più diretto tra interpreti e pubblico con i risultati di cui abbiamo riferito in apertura.
Carlo Montanaro, alla testa di una trentina di elementi dell’orchestra del Teatro Regio ha fornito una lettura di notevole efficacia, non perdendo mai il senso del racconto ma allo stesso tempo concedendosi alcuni preziosismi in quei punti in cui la partitura consentiva un maggiore scavo analitico.
Di notevole livello il cast vocale: Salvatore Cordella è stato un Corrado dalla voce squillante, ben timbrata, perfettamente a suo agio nel rendere sia l’aspetto eroico che quello lirico di questa figura. Efficace la Medora di Irina Lungu nella non facile aria del primo atto e nel concertato finale. Eccellente ed applauditissima Silvia Dalla Benetta, che ha risolto in maniera impeccabile gli impegnativi virtuosismi che l’improba tessitura di Gulnara richiede. Luca salsi ha ottenuto un successo personale nella parte di Seid, costretto peraltro a bissare la cabaletta della prima scena del terzo atto e regalandoci poi nel duetto con Gulnara una prova di grandissimo teatro musicale. Da segnalare anche il Selim di Gregory Bonfatti, il Giovanni di Andrea Papi e l’ eunuco e lo schiavo di Angelo Villari, che hanno contribuito ad uno spettacolo riuscito sotto ogni profilo.

Davide Cornacchione 27 ottobre 2008