Recensioni - Cultura e musica

Tanti auguri Falstaff

A Busseto felice ripresa dello storico allestimento del capolavoro verdiano

L’impianto scenografico ricalca fedelmente quelli che erano i canoni dell’epoca, ovvero fondali dipinti in prospettiva e  velari che delimitano lo spazio scenico. Nonostante questo non si ha mai l’impressione di trovarsi di fronte ad uno spettacolo datato e polveroso, anzi, la grazia, l’eleganza e la ricchezza cromatica contribuiscono ad appagare sempre l’occhio senza mai trasmettere segni di cedimento o di stanchezza.
Siamo perfettamente coscienti che nel frattempo il teatro di regia ha fatto innumerevoli passi avanti, e siamo ben consapevoli di assistere ad uno spettacolo d’altri tempi, tuttavia questo Falstaff può ancora distanziare di parecchie lunghezze molte sbilenche e pretenziose messe in scena dei nostri giorni.
All’interno di un tale contenitore anche la regia, firmata dal baritono Renato Bruson, non poteva che avere un’impronta classica; tuttavia Bruson che è cantante e che, contrariamente alla gran parte dei registi, la musica la conosce, costruisce uno spettacolo in cui gesto ed azione si sposano perfettamente con la partitura, esaltando tutti quei passaggi in cui l’orchestra funge da commento sonoro della vicenda. Una regia, che cerca sempre di seguire la musica,  senza mai prevaricarla, pur riuscendo a delineare in modo convincente i singoli personaggi.
Unica chiosa potrebbe essere la scena finale che, per la non perfetta gestione di coro e cantanti, risulta un po’ statica ed ingolfata, ma si tratta di peccato veniale la cui responsabilità va condivisa con le ridotte dimensioni del palcoscenico.
Il ruolo del titolo è stato interpretato da un convincente Piero Terranova. Ad un bel timbro vocale si aggiungono un ottimo fraseggio e doti attoriali che gli consentono di delineare un protagonista a tutto tondo.
Praticamente lo stesso si può dire dello spavaldo Ford di Vincenzo Taormina che, con la complicità di Terranova,  ha contribuito ad una magnifica resa del duetto del secondo atto.
Interessante il Fenton di Leonardo Cortellazzi, che può vantare un timbro da tenore leggero supportato da un sapiente uso di sfumature e mezze voci. A volte i fiati non sono perfettamente sorretti e si avverte una certa tendenza a nasalizzare il suono, ma sono questi limiti non insormontabili e risolvibili affinando la tecnica.
Scenicamente appropriati ma vocalmente perfettibili il Pistola di Eugeniy Stanimirov e, soprattutto, il Bardolfo di Marco Voleri.
Funzionale il Dottor Cajus di  Jihan Shin.
Sul versante femminile spiccava la musicale Alice dell’omonima Alice Quintavalle: voce timbrata e linea di canto morbida e suadente, mentre leggermente più opaca appariva la Meg di Valeria Tornatore.
La Quickly di Francesca Ascioti, pur sfoggiando un timbro interessante non risultava completamente a fuoco, forse per difetto di approfondimento di un personaggio che è il vero contraltare di Falstaff (sempre troppo caricati e privi della loro sottile ironia i “Povera donna”).
La Nannetta di Linda Jung ha esibito una buona tecnica ma il timbro era un po’ secco ed asprigno.
In buca il giovane Sebastiano Rolli ha diretto –a memoria!- con grande precisione e solidità, nonostante qualche sfasamento nelle scene in cui il contrappunto era più impervio, come ad esempio il secondo quadro del primo atto.
La resa complessiva dell’opera è stata comunque rimarchevole, anche se qua e là si percepiva che non tutte le sfumature della partitura sono state colte appieno.
Adeguata la prova della piccola rappresentanza del Coro del Teatro Regio.
Al termine un teatro Verdi esaurito in ogni ordine ha tributato applausi calorosissimi a tutta la compagnia.

Davide Cornacchione 19 ottobre 2013


Come ormai accade quasi ogni anno in occasione del Festival Verdi, il piccolo paese di Busseto si anima per alcune serate in occasione della rappresentazione di un titolo del celebre conterraneo prodotto dal Teatro Regio di Parma.
Per l’anno del bicentenario si è scelto di riproporre Falstaff nel delizioso allestimento “storico” datato 1913, rifatto in collaborazione con il Teatro alla Scala in occasione delle repliche del 2001.