Recensioni - Cultura e musica

Teatri sì, teatri no, teatri mah.

Il Governo ha indicato il 27 marzo come data possibile per la riapertura di teatri, cinema e luoghi di spettacolo. Proposta strategica o boutade?

Dopo quattro mesi di tira e molla il Governo avrebbe proposto sabato 27 marzo, il giorno della Festa del Teatro, come data per la possibile riapertura dei cinema e dei teatri in Italia. Una coincidenza che potrebbe dare un tono nuovo ad un evento che normalmente si risolve con qualche rappresentazione ad ingresso scontato e qualche stucchevole flash mob nelle piazze. Iniziative che nella migliore delle ipotesi vengono rilanciate nel penultimo svogliato servizio dei telegiornali, tra la salute ed il meteo. D’altro canto, all’interno di un calendario in cui ogni giorno è la festa di qualcosa, che siano i nonni, i gatti, i fiori, o i tonnarelli cacio e pepe, non si poteva non dedicare una giornata anche al teatro, nonostante l’inflazione di eventi sia l’inevitabile preludio dell’indifferenza.

Trattandosi di temi a lungo dibattuti, sorvoliamo sulla diatriba del “perché nel frattempo le chiese sì e i teatri no” (no che equivale anche alle chiese usate come luogo di rappresentazione, a ribadire che è ciò che conta è  il “cosa”,  non il “dove” o il “come”) ed anche sullo slogan dei “teatri luogo più sicuro al mondo”, vero probabilmente per il pubblico, meno per gli operatori del settore, visto che di quando in quando anche dai teatri si è avuta notizia di contagi, peraltro inevitabili in qualunque ambito lavorativo. Preferiamo invece concentrarci sulla proposta attuale che non è scevra da qualche ambiguità.

Fa (sor)ridere il fatto che si parli di riapertura di cinema e teatri solo nelle zone gialle proprio nel momento in cui la penisola sta scivolando ineluttabilmente verso il rosso, attraverso una tale varietà di arancioni da creare imbarazzo ai responsabili del catalogo Pantone. Anche a voler essere ottimisti viene da chiedersi: che senso ha in questo momento per un teatro, soprattutto se privato, arrischiarsi a stilare un programma ed aprire una prevendita (si parla infatti di posti nominali e rigorosamente preassegnati), con la prospettiva che un cambio di colore solo 24 ore prima possa vanificare tutto? Stagione sciistica docet.  Sorvolando sulla capienza, comprensibilmente limitata, altro elemento tra il bislacco e il punitivo è l’obbligo di chiusura entro le 22, probabilmente per par condicio nei confronti dei ristoranti che non possono aprire la sera. È vero che in Germania l’abitudine di terminare le rappresentazioni entro le 22 è la norma, ed infatti le opere di Wagner iniziano alle 17.30, ma per la nostra indole mediterranea questa rivoluzione è attualmente impossibile. Oltretutto, dato che da noi i locali rimarrebbero comunque chiusi, anche se lo spettacolo finisse alle 23 la gente poi dove potrebbe andare a creare assembramento? Rimane un mistero.

La sensazione è che al momento questa iniziativa serva solo per prendere tempo e creare un diversivo per allentare la pressione esercitata dai professionisti del settore, mentre a noi spettatori non resta che incrociare le dita e darci appuntamento il 27 ad uno spettacolo mignon in una delle possibili location che avranno mantenuto il loro status di zona gialla: probabilmente un rifugio in quota in Val d’Aosta o una masseria sulla Sila.