Recensioni - Cultura e musica

Temirkanov e il “suo” Prokof’ev

Il Settembre dell’Accademia inaugurato da personalissime interpretazioni della Sinfonia n. 1 “Classica” e n. 5

Quasi fosse una tradizione ricorrente, anche questa nuova edizione del Settembre dell’Accademia è stata inaugurata da un concerto diretto dal grande Yuri Temirkanov, stavolta alla testa della sua Silarmonica di San Pietroburgo, con un programma interamente dedicato alle musiche di Sergej Prokof’ev.
La serata prevedeva infatti un excursus all’interno del repertorio sinfonico del compositore sovietico, includendo due titoli tanto lontani nel tempo quanto nello stile, ovvero la prima e la quinta sinfonia, precedute da una suite tratta dall’opera “L’amore delle tre melarance”.


Se la suite introduttiva è servita per mettere in risalto le invidiabili doti dell’orchestra, ovvero compattezza all’interno delle singole sezioni, grande ricchezza di colori e nitidezza del suono, all’attacco del primo movimento della sinfonia “Classica” si è cominciato a sospettare che forse il Prokof’ev che avremmo ascoltato nel prosieguo della serata avrebbe presentato caratteristiche di originalità ben diverse da quelle che una certa tradizione interpretativa ci ha consegnato.
A partire infatti dall’organico, notevolmente più robusto rispetto alle orchestre quasi cameristiche cui è di solito affidata questa partitura, Temirkanov ha delineato una Prima Sinfonia  che non si limitava al solito divertito omaggio allo stile haydniano, ma  ne rivendicava l’autonomia grazie ad una lettura che ne ha esaltato la componente ritmica in direzione di una trascinante vitalità.
I tempi estremamente sostenuti, soprattutto nel primo e nel quarto movimento, non sono mai andati a discapito dell’equilibrio e dell’intelligibilità del tessuto orchestrale, che anzi ha rivelato una formazione smagliante ed impeccabile nel gioco contrappuntistico richiesto. Libertà e trasparenza sono le parole che riassumono un’interpretazione tanto personale quanto convincente.
Di natura diametralmente opposta, la quinta sinfonia, composta nel 1944 allo scopo di esaltare le gesta del popolo sovietico impegnato nella lotta antinazista, è forse quella dell’intero catalogo in cui retorica e ispirazione sembrano convivere in maniera più equilibrata ed efficace.
Temirkanov nella sua lettura ha attaccato con un primo movimento imponente e magniloquente, in cui però la struttura non ha mai prevalso sulla cantabilità e sulla libertà espressiva. Discorso analogo per i tempi successivi, nei quali, l’orchestra, nonostante abbia indugiato in una certa sontuosità, ha saputo dare prova di eccellente versatilità anche laddove la partitura chiedeva atmosfere più leggere e raccolte (significativi a questo proposito gli assoli dei violoncelli, eseguiti come se si trattasse di un quartetto d’archi), sino al quarto movimento che, leggero e giocoso come non mai, ha trascinato il pubblico in ovazioni entusiastiche (e come avrebbe potuto essere diversamente?) premiate da due bis firmati Prokof’ev e Čajkovskij.

Davide Cornacchione 7 settembre 2009