Recensioni - Cultura e musica

The Burning Plain - Il confine della solitudine

Una sceneggiatura banale e morbosa in una struttura accurata e sapiente

Un film di Guillermo Arriaga.
Con Charlize Theron, Kim Basinger, Jennifer Lawrence, José María Yazpik, Joaquim de Almeida.

Drammatico, durata 110 min. - USA 2008. - Medusa


Quattro storie si intrecciano e alla fine si ricongiungono in questa prima regia  dello sceneggiatore Guillermo Arriaga, e ognuna è caratterizzata da un simbolo ( acqua, aria, terra, fuoco).
Sylvia  è una donna fredda e contenuta che gestisce un ristorante a Portland, e si intuisce un passato tragico alle sue spalle; Mariana è una ragazza di sedici anni, che abbandona al padre la figlia neonata; Maria è una bambina messicana che vive felice con il padre, fino ad un incidente aereo che mette in pericolo la vita del genitore; Gina e Nick sono due amanti clandestini, entrambi sposati con prole.
 Sono del parere che il cinema francese (Rohmer come esempio) sia l’unico che sappia parlare di sentimenti tout court con levità e profondità, mentre maestri nel narrare la sfera emotiva delle persone, inserite però nel contesto sociale e culturale odierno, sono per me
Woody Allen e Pedro Almodòvar. Per non parlare del fuoriclasse Clint Eastwood  che, attraverso i suoi personaggi e i loro sentimenti , ci parla della storia d’America passata e recente.
Si è scritto che Guillermo Arriaga indaga a fondo nell’universo femminile: ma quale universo? Quello di donne macerate dal dolore e dai sensi di colpa, che non trovano di meglio che autopunirsi in ogni modo possibile, dalla lesione fisica all’esercizio di una sessualità falsamente liberatoria.
E la relazione clandestina della brava e sensuale Kim Basinger con il messicano è solo una normale relazione fuori dal matrimonio come ce ne sono tante, anche perché i rispettivi coniugi non presentano particolari caratteristiche negative, se non quelle di noia e abitudine presenti in molti unioni legalizzate. E che dire del personaggio edipico al femminile della figlia, che realizza le sue fantasie freudiane distruttive nei confronti della colpevole madre? Più che guardare dentro se stesse, queste bambine-adulte guardano dal buco della serratura, e non rispecchiano la consapevolezza e la crescita interiore dell’universo femminile alternativo contemporaneo, che non è sempre tragico e masochista.
L’happy end finale, poi, è davvero poco credibile, come una passeggiata tranquilla su un burrone.
Da sottolineare in ogni caso un’abile, anche se immatura, regia e un montaggio meticoloso, oltre all’uso fascinoso dei simboli. Ottima prova di  Kim Basinger, Charlize Teron e Jennifer Lawrence, a riprova del fatto che le attrici di scuola americana non sono solo splendide donne. Cosa che non sempre si può dire delle nostre.
Elena Bettinetti