Recensioni - Cultura e musica

Trionfa Jessica Pratt nei sovraccarichi Puritani di Rifici

Il capolavoro di Bellini in una nuova produzione al Teatro Grande

Decisamente lodevole è quindi la scelta dei teatri del Circuito Lirico Lombardo di impegnarsi nell’impresa e di permetterci di ascoltare una  partitura tra le più raffinate, nonostante il libretto di Carlo Pepoli sia  annoverabile tra i più infelici e sbilenchi della storia del melodramma.
Questa nuova produzione è stata principalmente caratterizzata dall’eccellente prova di Jessica Pratt nel ruolo di Elvira. La cantante australiana si è confermata eccellente musicista ed interprete convincente e partecipe. L’estrema facilità nel registro acuto e la duttilità nel cesellare la non facile partitura si sono sposate ad una ricerca espressiva che le ha permesso di delineare un personaggio di grande intensità. La sua esecuzione del concertato finale del primo atto ha sciolto in applausi convinti un pubblico rimasto fino a quel momento un po’ inerte.
Valido partner si è dimostrato l’Arturo di Gianluca Terranova, che ha abilmente risolto uno dei ruoli tenorili più ostici dell’intero repertorio. I non pochi acuti erano sempre ben timbrati e la linea di canto non ha mostrato  smagliature.
Qualche perplessità ha invece suscitato il Riccardo di Alessio Arduini: il timbro sarebbe anche interessante ma l’interprete ancora latita sia dal punto di vista vocale che scenico. Se tutto sommato buona è stata l’aria d’ingresso “Ah per sempre io ti perdei”, decisamente meno si è rivelata la cabaletta, di cui sono stati evitati gli abbellimenti ed il cui acuto finale non era proprio immacolato.  A questo si è accompagnata una gestualità convenzionale ed impacciata che gli hanno  impedito di delineare un personaggio convincente.
Luca Tittoto è stato un Giorgio dalla voce importante ma dal fraseggio a volte un po’ sommario. Il duetto finale del secondo atto, complice anche Arduini, è stato corretto ma privo di quella carica trascinante che abitualmente è in grado di suscitare.
Efficace l’apporto dei comprimari, ovvero  Luciano Leoni (Gualtiero), Marco Voleri (Bruno) e Angela Nicoli (Enrichetta).
Antonio Pirolli alla testa dei Pomeriggi Musicali ha condotto in modo adeguato i passaggi eroici della partitura a totale discapito invece dei momenti più lirici, nei quali il volume dell’orchestra risultava sempre troppo alto. Concitazione ed irruenza sono state le costanti di una concertazione che si è rivelata decisamente sbilanciata, mentre  il Coro del Circuito Lombardo si è mostrato eccessivamente ingessato, sia nei movimenti che nel canto.
Carmelo Rifici, autore della parte visiva, è regista che ama concentrarsi sulla simbologia insita all’interno delle opere che affronta. Il suo lavoro di scavo nel testo e la volontà di non fermarsi alla superficie spesso lo conducono a risultati estremamente interessanti, come ad esempio la splendida Elektra di Hofmannsthal che ha recentemente debuttato al Teatro Olimpico di Vicenza. Vero è che se anziché al geniale viennese ci troviamo di fronte al mediocre Pepoli, significato, sottotesti e chiavi interpretative degne di nota sono decisamente più ardue da gestire, oltre che da trovare. Ecco quindi che la sua idea, corretta ed interessante, di rappresentare una società in cui costrizioni e repressione sessuale caratterizzano i rapporti tra gli individui si perde in un eccesso di simbologie e siparietti che il più delle volte nulla aggiungono a quanto sta già accadendo sulla scena.
All’interno della scenografi a fissa di Guido Buganza e degli austeri costumi di Margherita Baldoni, che a me ricordavano certe ambientazioni dei film di Dreyer, assistiamo ad un continuo di celle mortuarie che si aprono e chiudono, veli (nuziali) che salgono e scendono, doppioni dei protagonisti impegnati in quadretti che dovrebbero rappresentare il pensiero di chi è in scena, cervi appesi usati come bersaglio, in un perenne oscillare dall’eccessivamente didascalico al non sempre comprensibile.
In sostanza un lavoro che sulla carta risultava interessante, ma che poi, all’atto pratico si è diluito in un’eccessiva sottolineatura dei particolari con la conseguente perdita di vista della visione d’insieme.
Il pubblico che riempiva ma non esauriva il Teatro Grande ha applaudito calorosamente con momenti di entusiasmo per la Pratt.

Davide Cornacchione 20/10/2011
 


I Puritani, ultimo titolo del catalogo  Belliniano, è un’opera che, pur essendo l’unica a potersi disputare con Norma il titolo di capolavoro assoluto del musicista catanese, non può vantare altrettanta frequenza di rappresentazioni all’interno del repertorio. Causa principale è l’estrema difficoltà nel riuscire ad assemblare un cast adeguato: infatti l’opera richiede un quartetto di protagonisti di primordine ed in particolare un tenore con caratteristiche vocali non proprio ala portata di tutti.