Il “Barrabas” di Camillo Togni ha avuto ieri sera la sua prima esecuzione mondiale in forma scenica al Teatro Grande di Brescia....
Il “Barrabas” di Camillo Togni ha avuto ieri sera la sua prima esecuzione mondiale in forma scenica al Teatro Grande di Brescia. L’opera è un affresco corale su cui incombe l’imminente crocifissione di Cristo. Barrabas vaga muto per la scena, sconvolgendo i presenti con la sua sensualità fino al momento in cui la folla si lascia andare ad un’orgia sfrenata. L’unico protagonista canoro, un non meglio identificato giovane, è anch’esso attratto morbosamente dal male rappresentato da Barrabas. La musica, profondamente influenzata dalle avanguardie mitteleuropee della metà del secolo scorso, rimanda alle pagine di Arnold Schoenberg del “Moses und Aaron”, mentre il canto, soprattutto nella grande aria del tenore, complice anche il libretto simile, richiama la “Salome” di Richard Strauss,.
Monica Conti, la regista, ha risolto la messa in scena giocando particolarmente sul coro, in bilico fra una ieratica immobilità e una passione sfrenata e orgiastica, limitandosi tuttavia ad una visione sostanzialmente centrale e immobile. Azzeccata l’idea di fare apparire dall’alto nel finale la figura rovesciata di Cristo crocefisso. Discreto l’apporto dei mimi, grigia e opportunamente opprimente la scenografia di Giacomo Andrico.
Dal punto di vista musicale l’esecuzione di Barrabas ci è sembrata accurata sia nell’orchestrazione, guidata da Vittorio Parisi, che nel coro. Ottimo l’apporto di Martyn Hill, che, con buona voce e notevole adesione stilistica, ha reso intenso e coinvolgente il personaggio del “Giovane”. Rispetto alle opere di Schoenberg o anche di Berg, stilisticamente simili ma stabilmente rimaste nel repertorio dei grandi teatri, il Barrabas manca di una forte motivazione drammaturgica il che rende tutta l’operazione poco coinvolgente anche in considerazione del fatto che questo tipo di musica, di impianto dodecafonico e basata sulla serialità, ha ottenuto i maggiori riconoscimenti inserita in un efficace contesto drammatico. Barrabas è invece un moderno oratorio dove la scarna azione diventa il pretesto per dei colti rimandi simbolici che però non riescono a coinvolgere lo spettatore in una musica di elevata fattura ma essenzialmente cerebrale.
Meno riuscito “Il Mito di Caino” di Franco Margola. In questo caso la musica si basa su uno stile decisamente più melodico in cui abbiamo riconosciuto un’influenza tardo pucciniana. L’opera di Margola ha indubbiamente dei buoni momenti, soprattutto nelle parti sinfoniche, anche se l’esecuzione dell’orchestra dei “Pomeriggi Musicali” non ha reso adeguata giustizia alla partitura. Insufficienti i cantanti, impacciati in scena e vocalmente, con la sola eccezione del basso Marco Spotti che interpretava efficacemente Adamo. La regia in questo caso è risultata completamente inesistente e a tratti davvero farraginosa. La scena dell’assassinio era addirittura grottesca. La pur breve azione, affidata a dei cantanti-attori non all’altezza, risultava nel complesso sbiadita e soporifera nonostante l’inserimento nel finale di alcuni mimi che si muovevano al ritmo della solenne marcia funebre per la morte di Abele. Il pubblico, abbastanza numeroso, ha decretato un successo cordiale ma non entusiastico.
R. Malesci
(28 Novembre 2000)