Recensioni - Cultura e musica

Un Macbeth "cinematografico" al Filarmonico

Spunti interessanti nell’allestimento in forma semiscenica curato da Stefano Trespidi

Il Macbeth verdiano che ha inaugurato la stagione lirica 2012-13 del Teatro Filarmonico ha ricevuto un’accoglienza caratterizzata sia da  applausi che da critiche . Ma cerchiamo di riassumere. Giornata fredda ma comunque viva quella che domenica 23 dicembre 2012 ci ha ospitato a Verona, compensata da Teatro Filarmonico pieno in modo soddisfacente.

Già da prima del preludio Verdiano nel Foyer si rincorrevano voci discordanti di apprezzamento e delusione per la regia di Stefano Trespidi (coadiuvato da Lucrezia Chionna e Allegra Bernacchioni), una regia considerata "di casa" visto il ruolo di Responsabile dell'ufficio Regia della Fondazione Arena di Verona del regista. Particolare che però non impediva minimamente di  sedersi in platea e godersi lo spettacolo.
Guidata da un talentuoso Omer Meir Wellber, l'orchestra areniana ha aperto e condotto il capolavoro Verdiano con ottima omogeneità musicale, interrotta raramente da "forti" eccessivi o  piccole sbavature dei fiati. Il movimento fermo e rapido del direttore e' risultato efficace con piena soddisfazione del pubblico filarmonico. A sorreggere la forza dell'orchestra c'era il coro della Fondazione Arena affiatato e ben preparato soprattutto nel versante femminile.
Ma veniamo alla parte interessante dello spettacolo: la regia e i solisti.
La scena iniziale si apre su un backstage teatrale/cinematografico in cui le comparse (regista, assistenti alla regia, truccatori, addetti alle pulizie, attrezzisti, costumisti, etc) fanno da contorno ad un piccolo palco su cui i protagonisti interpretano le varie scene dell'opera. A completamento di questo evento principale, a volte gestito in maniera un po’dispersiva, vi è una grande telo bianco su cui vengono proiettati spezzoni di filmografia shakespeariana (Regia video di Amerigo Daveri). Queste immagini vengono, didascalicamente, in aiuto al pubblico nel figurare gli spiriti o le streghe o ancora il palazzo o il sangue. Spezzoni che riempiono quindi il  palco spoglio occupato da decine di comparse, da un trono, dalla corona, da un tavolo e dall'enorme gabbia in cui il corpo di ballo dell'Arena di Verona ha tentato una coreografia non particolarmente efficace di Maria Grazia Garofoli.
Tutto questo insieme appariva più come uno studio teatral-cinematografico del Macbeth che una vera e propria linea guida su cui far lavorare i personaggi/attori principali. I continui cambi tra il personaggio e l'attore/cantante nella salita o discesa dal piccolo palco hanno portato ad una discontinuità recitativa che in alcuni casi ha confuso  e non ha permesso  un completo approfondimento dei personaggi.
Andrzej Dobber e' stato un Macbeth sforzato con alcuni limiti evidenti, sia nell'intonazione (specialmente nell'ultimo atto in cui la  voce è parsa affaticata e gli  acuti non sempre a fuoco), sia nella capacità recitativa. Quest'ultimo limite ha contagiato anche altri cantanti a dir la verità, lasciando l'opera priva di una drammaturgia a 360 gradi.
Apprezzati i duetti tra Macbeth e la Lady che sono risultati convincenti e coinvolgenti.
Susanna Branchini ha delineato una lady Macbeth cupa, complice anche una voce abbastanza scura che, seppure  apprezzata, mostrava ma con difetti  nel fraseggio riscontrati soprattutto nella scena del sonnambulismo;  scena peraltro interamente cantata in platea più a mo’di concerto che realmente vissuta dal personaggio! 
Massimiliano Pisapia nei panni di Macduff c'è parso debole e stanco nonostante si sia ben disimpegnato nella sua  aria "Ah la paterna mano". Bravo e sicuro Roberto Tagliavini (nei panni di Banco) che con timbro grave ed espressivo ha "riempito" un palcoscenico troppo spoglio.
Discreti i ruoli secondari. Da segnalare il Malcom di Misseri e le voci bianche di Alberto Testa e Vittoria Sancassani.
Spending review al Filarmonico ma con buon successo di pubblico.

Claudio Giacoboni 23 dicembre 2012