L’allestimento è la ripresa dello storico curato da Pierluigi Sammaritani
Si apre il sipario in un Teatro Regio gremito di pubblico per l’inaugurazione della nuova stagione lirica. Si inizia con “Un ballo in maschera” che al posto di regalare una festa gioiosa al pubblico parmigiano, porta critiche e sbuffi. Ad ogni spettacolo si definisce sempre di più questa insistente voglia di boicottaggio, questa acidula voglia di critica.
E’ indiscutibile che la ripresa di un vecchio spettacolo (storico allestimento del 1989 di Pier Luigi Samaritani, già ripreso, sempre con la regia di Massimo Gasparon, in apertura del Festival Verdi 2011) possa instillare nei veterani del Teatro regio delusione e borbottii ma è pure indiscutibile che la qualità di tale rappresentazione ben regge l’inaugurazione di una stagione in un Teatro in difficoltà.
La regia, affidata a Massimo Gasparon, risulta efficace anche se non sempre chiara e fluida. La scenografia maestosa aiuta il regista nello svolgersi delle varie scene andando a decorare il bel canto e lasciando il pubblico naïve affascinato e coinvolto. Orchestra Filarmonica del Teatro Regio di Parma, diretta dal giovane Francesco Ivan Ciampa, che non ci è sembrata sempre all’altezza. La decisione di optare per volumi troppo alti, specialmente nella sezione degli ottoni, ha posto spesso in secondo piano le voci dei solisti. Da rimarcare il “solo” di oboe della che decora l’aria di Amelia che apre il secondo atto. Aria di rara efficacia melodrammatica e malinconica compromessa dalle sbavature continue del solista.
Cast vocale al contrario di buona qualità, che ha regalato momenti apprezzabili ottenendo lunghi applausi. Un tenore, Francesco Meli (Riccardo), con buona capacità recitativa e voce adeguata al ruolo: limpida e ben salda per tutti i primi 2 atti, mentre nella parte finale dell’opera il timbro non è parso sempre a fuoco. La prova è stata comunque incisiva e positiva sotto ogni aspetto. Il soprano Virginia Tola (Amelia) ha mostrato buona attitudine scenica e sfoggiato acuti saldi che, associati alla buona qualità timbrica, hanno lasciato un’impronta profonda del personaggio. L’Oscar di Serena Gamberoni ha mantenuto le aspettative del pubblico. Con grazia e ottima capacità recitativa ha saputo scavare in un personaggio, spesso relegato a ruolo secondario grazie anche ad un brillante registro acuto. Luca Grassi era Renato: voce calda, pastosa con buon registro grave e centrale. La Ulrica di Julia Gertseva è risultata una strega caratterizzata da una strana beltà. La valorizzazione della sua bellezza l’ha resa affascinante come una vipera pronta a mordere. Purtroppo però la voce non completamente adatta ha portato ad una performnce poco apprezzata dal pubblico. Nonostante ciò a nostro avviso ha saputo avvalersi del suo colore naturale evitando inutili forzature nei gravi e mantenendo di buona qualità la sua timbrica e la sua sonorità. Buona prova anche per i “cattivi” Tom e Samuel, rispettivamente Francesco Palmieri e Enrico Turco. Qualche piccola forzatura sul volume vocale ha portato a piccole imprecisioni spesso passate in sordina. Ottimo il coro, come spesso ci ha abituato, che è risultato ben coordinato nelle scene d’insieme. Martino Faggiani ha saputo cogliere sfumature armoniche corali che ci hanno lasciato con le mani dolenti per gli applausi. Da segnalare il corpo di ballo che ha incorniciato la scena iniziale di Ulrica e il “Ballo” con piacevoli, anche se un po’ didascaliche coreografie. Un buon inizio per il Teatro Regio che, come quasi ad ogni rappresentazione, si accompagna a plausi e critiche feroci. Attendiamo a questo punto il resto della Stagione Lirica.
Claudio Giacoboni 27 gennaio 2013