Recensioni - Cultura e musica

Un dramma antico per raccontare la via per l’affermazione di sé

Idomeneo al Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” di Modena

Il regista David Livermore mette in scena un Idomeneo che punta sulle forti valenze psicanalitiche dell’opera mozartiana: Idamante, figlio di Idomeneo re di Creta, uccide il mostro che Nettuno ha scagliato contro l’isola per costringere Idomeneo a rispettare il tragico voto che gli impone di uccidere il suo unico figlio. Per affermare la propria identità e poter scegliere liberamente il proprio destino, Idamante deve uccidere una parte di sé – la figura  paterna introiettata a livello inconscio simboleggiata dal mostro marino -  per poter amare suo padre in modo maturo e libero da condizionamenti.

Insieme allo scenografo (Santi Centineo) e alla costumista (Giusi Giustino), il regista ha scelto come riferimento visivo David La Chapelle per la sua “capacità di rendere mitica la contemporaneità”. In effetti, l’allestimento riesce a evidenziare chiaramente gli aspetti contemporanei del mito con un risultato visivamente accattivante: lo spazio scenico è delimitato dall’acqua che incombe come elemento del destino, ma anche come metafora delle umane fragilità. In scena, frammenti di elementi antichi e moderni (un tempio in rovina, una macchina sportiva, lampioni stradali…) disegnano uno spazio senza tempo in cui si sviluppa, senza particolari sussulti, la limitata azione scenica di questo dramma mozartiano.

Dal punto di vista musicale, i momenti migliori si sono vissuti nel secondo atto: Barbara Bargnesi, nel ruolo di Ilia, ha strappato i primi applausi per l’esecuzione dell’aria “Se il padre perdei”; Jason Collins, Idomeneo, ha convinto nell’aria “Fuor del mare” e la soprano Guanqun Yu, nel ruolo di Elettra, ha sfoderato una ottima esecuzione dell’aria “Idol mio, se ritroso”. E’ risultata meno convincente la prova della mezzosoprano Giuseppina Brindelli, nel ruolo di Idamante, che ha mostrato qualche limite nell’emissione nei toni bassi, riuscendo comunque a fornire una prestazione attoriale convincente in un ruolo molto complesso. L’atteso quartetto del terzo atto, “Andrò ramingo e solo”, una delle pagine migliori dell’opera, non ha entusiasmato; mentre il coro, diretto dal maestro Paolo Vero, e l’orchestra del Teatro Comunale di Bologna, diretta dal maestro Michele Mariotti, hanno regalato un momento di grande intensità scenica e musicale nell’aria “O voto tremendo”.

Complessivamente abbiamo assistito a uno spettacolo ben costruito che, pur senza momenti indimenticabili, ha convinto il numeroso pubblico presente in teatro.

Tommaso Lavegas (14/03/2009)