Recensioni - Cultura e musica

Un inno alla pace fra cori di guerra

I Lombardi alla Prima Crociata al Regio di Parma

Spesso criticata per la mancanza di organicità e per la complessità del libretto, “I Lombardi alla Prima Crociata”, andata in scena ieri al Regio di Parma, ha mostrato di essere opera quanto mai potente e viva, capace di suscitare impressioni ed evocare riflessioni di grande attualità, grazie anche alla straordinaria interpretazione di Dimitra Theodossiou e alla classe di Francesco Meli.

Verdi scrisse il coro “O Signore, dal tetto natio” (tuttora il brano più famoso dell’opera) per replicare, a distanza di un anno, il successo ottenuto dal “Va’, pensiero” e infiammare ancora gli animi di chi sognava il Regno Lombardo-Veneto libero dalla dominazione austriaca; da lì a cinque anni, i cori di guerra de “I Lombardi” avrebbero potuto riecheggiare con forza fra le barricate delle Cinque Giornate di Milano. Il pubblico di oggi è invece chiamato da Giselda, personaggio chiave dell’opera, a riflettere sulla necessità di liberare ogni popolo dall’oppressione e dalla cecità che le fedi religiose (e politiche) portano con sé quando perdono la capacità di riconoscere nell’altro un proprio fratello: “Ché mai non furono di Dio parole/ Quelle onde gli uomini sangue versâr.”

L’invito alla pace è il messaggio centrale dell’allestimento del regista Lamberto Puggelli. La scena è dominata dal Muro Occidentale del Tempio di Salomone, luogo sacro ai musulmani e il più sacro della Terra per gli ebrei. Su di esso, eterno e incrollabile, si proiettano le elaborazioni di immagine che contestualizzano la scena. Appaiono la Basilica di Sant’Ambrogio a Milano e la Spianata delle Moschee a Gerusalemme, luoghi intesi come spazi fisici richiamati con precisione didascalica, ma anche luoghi della coscienza collettiva: una chiara esortazione al rispetto reciproco e alla pacifica convivenza fra culture e religioni diverse. La proiezione del Guernika di Picasso, sovrapposto a immagini di guerra in bianco e nero, non fa che acuire il senso di compartecipazione alla sofferenza dei popoli che ancora oggi aspirano alla pace.

Il cast è senza dubbio il punto di forza di questo allestimento. La scelta di Dimitra Theodossiou nel ruolo di Giselda è perfetta: i suoi acuti irruenti nel “No!.. giusta causa” ribadiscono il messaggio centrale di questa messa in scena e incarnano con forza la solida struttura psicologica di Giselda. Ma la Theodossiou ha conquistato il pubblico di Parma non solo nel registro lirico spinto: la sua esecuzione dell’aria “Salve, Maria” è stata di raffinata intensità e grande altezza spirituale. C’era forte attesa anche per Francesco Meli, al suo “esordio” verdiano (finora aveva cantato solo Fenton in Falstaff), e il giovane tenore non ha deluso, mostrando una voce chiara e fastosa, un fraseggio raffinato e acuti potenti, soprattutto nella cavatina “La mia letizia infondere”. La sua interpretazione di Oronte è stata convincente e ha giustificato i lunghi applausi che il pubblico gli ha indirizzato. Michele Pertusi, impegnato nel doppio ruolo di Pagano e dell’Eremita, ha dato grande fisicità al primo e profonda ieraticità al secondo, confermandosi cantante di rara classe. Il terzetto finale, una delle pagine più toccanti di Verdi, ha messo in mostra anche la bella voce e la buona tecnica di Roberto De Biasio nel ruolo di Arvino. Ottima la prova del coro, ben diretto da Martino Faggiani, sia nelle parti più intime che nei cori di guerra. Il pubblico ha chiesto con insistenza, senza ottenerlo, il bis sul coro “O Signore, dal tetto natio”.

Il teatro, gremito ed elegante, ha tributato calorosi applausi ai protagonisti (ovazioni e lancio di fiori per la Theodossiou) e ha mostrato di apprezzare anche i comprimari. Consenso aperto - e meritato - per il direttore Daniele Callegari e tutta l’Orchestra del Teatro Regio di Parma.

Tommaso Lavegas (22/01/2009)