La formazione brasiliana ha presentato un programma che prevedeva musica mitteleuropea e sudamericana e che ha visto
Le ricche ed opulente sonorità dell’ouverture dei Maestri Cantori Norimberga di Richard Wagner sono il biglietto da visita con cui l’Orchestra Giovanile di Bahia ha aperto il suo concerto d’esordio al Settembre dell’Accademia. Si tratta di un’orchestra giovanile e giovane allo stesso tempo, infatti è stata fondata nel 2007 (ha perciò meno anni del Settembre stesso) dal pianista e direttore d’orchestra brasiliano Ricardo Castro, protagonista anche del concerto al Filarmonico, ed è ispirata al modello venezuelano “El Sistema” di José Antonio Abreu, che si rivolge ai bambini delle favelas, cui viene data la possibilità di imparare a suonare uno strumento musicale.
L’orchestra è giunta a Verona accompagnata da una solista d’eccezione, ovvero la pianista argentina Martha Argerich, che, da quando oltre trent’anni fa a scelto di non esibirsi in più da sola sul palcoscenico, spesso affianca il suo talento a quello di giovani e promettenti formazioni orchestrali.
Dopo un Wagner eseguito con una certa prudenza ma che lasciava trasparire un colore ed un lirismo tipicamente latini, il programma prevedeva il concerto per pianoforte e orchestra di Robert Schumann con la Argerich al pianoforte. La straordinaria pianista ha confermato che la lunga carriera non ha minimamente scalfito il suo temperamento, offrendoci un’interpretazione vigorosa ed appassionata, ma allo stesso tempo capace di un fraseggio sfumatissimo, soprattutto nella cadenza del primo movimento. La grande disinvoltura con cui è riuscita a delineare e ogni singola atmosfera ha confermato una grande padronanza dello strumento oltre ad una tecnica inossidabile. Al suo fianco la giovane orchestra ha mostrato in qualche occasione di non riuscire a tenere sempre il passo, pur fornendo una prova più che meritevole. Al termine della prima parte la Argerich si è mantenuta salda nel suo proposito di non suonare da sola neanche nel bis, offrendoci un’esecuzione dell’ultimo brano di Ma mère l’Oye di Ravel, eseguito a quattro mani con lo stesso Castro.
Decisamente più a suo agio è sembrata l’orchestra nella seconda parte, in cui dal vecchio continente ci si è trasferiti nel nuovo. Il programma prevedeva infatti un’ampia selezione di brani di compositori sudamericani ed un paio di concessioni alla musica del nord. Il primo brano era un omaggio al grande Leonard Bernstein, di cui quest’anno cade il centenario dalla nascita: da West side story abbiamo ascoltato l’ouverture del secondo atto ed il mambo, in una sorta di ideale legame con il resto del programma, dedicato alla musica latino americana. Discorso analogo per il brano di George Gershwin ovvero una rumba tratta dalla Cuban Ouverture.
Dell’argentino Alberto Ginastera abbiamo ascoltato la suote da Estancia, cui ha fatto seguito la prima esecuzione italiana di Sonhos Percutidos del brasiliano Wellington Gomes, anche lui proveniente dalla regione di Bahia come i ragazzi sul palcoscenico. Il programma si è concluso con una coinvolgente esecuzione di Danzon n.2 del messicano Arturo Márquez, eseguita senza direttore sul podio, che ha visto i musicisti alzarsi dai loro leggii, battere le mani, muoversi a ritmo di musica, in un clima gioioso e giocoso che si è esteso anche ai due brasilianissimi bis, ovvero Aquarela di Brasil e l’ennesima spumeggiante ritrascrizione di Tico Tico.
Davide Cornacchione 12 settembre 2018