Recensioni - Cultura e musica

Una Filarmonica della Scala in una forma eccellente trionfa al Settembre dell’Accademia

Wagner, Bartòk e Čajkovskij nel bellissimo programma proposto dalla formazione milanese guidata da Semyon Bychkov

Il secondo concerto del Settembre dell’Accademia 2010 ha visto come protagonista l’Orchestra Filarmonica della Scala diretta dal maestro Semyon Bychkov, con un programma tanto eclettico quanto affascinante: 3 capolavori che spaziavano dal romanticismo all’espressionismo, siglati dai nomi di Wagner, Bartòk e Čajkovskij.

Brano d’apertura era il “Preludio e morte di Isotta” di Wagner: alfa e omega di quel “Tristano e Isotta” che, spartiacque della musica romantica, ha aperto la strada verso l’atonalità.  In questa partitura, silloge dell’omonimo titolo operistico,  l’autore ha voluto condensare la tematica  chiave su cui si basa il dramma, ovvero l’inscindibile binomio amore–morte.
Dall’interpretazione di Bychkov traspariva più “Eros” che “Thanatos”: i colori dell’orchestra lasciavano intuire un Wagner mediterraneo, se è consentito il paragone. Una lettura estremamente lucida, unita ad uno sfavillio di colori, complice un’orchestra in splendida forma, hanno contribuito ad esaltare la componente più lirica del brano.
In totale antitesi si presentava invece la composizione successiva, ovvero la suite dal Mandarino meraviglioso di Béla Bartòk.
Pur restando sempre nell’ambito della selezione di brani da una composizione più ampia (qui ci si riferisce all’omonimo balletto), il mutamento di atmosfera è radicale. Ci troviamo infatti negli anni ’20 del secolo scorso, in piena corrente espressionista. Le sonorità sono quindi più aspre e dure, tratteggiate a tinte forti e caratterizzate da una grande eterogeneità timbrica. In sostanza una scrittura ideale per valorizzare le singole sezioni dell’orchestra, che si sono distinte ottimamente nel complesso gioco contrappuntistico, dando prova di grande personalità sotto la bacchetta sicura e perentoria di Bychkov.
Sicurezza che si è riscontrata anche nell’ultimo capolavoro in programma, ovvero quella Sinfonia “Patetica” universalmente considerata come il testamento musicale di Čajkovskij.
 Ad un primo movimento energico e molto chiaroscurato ha fatto seguito un “allegro con grazia” estremamente morbido e cantabile, sfociato in un “allegro molto vivace” dal ritmo così rapinoso che parte nel pubblico ne ha sottolineato la conclusione con un applauso non proprio opportuno.
Altrettanto trascinante e ricco di accenti espressivi è stato l’ultimo tempo, caratterizzato nel finale da una lunga pausa dopo l’ultima nota, quasi si trattasse di una corona scritta per il pubblico, cui hanno fatto seguito gli applausi entusiasti di un Teatro Filarmonico esaurito in ogni ordine.

Davide Cornacchione 7 settembre 2010