Recensioni - Cultura e musica

Una Salome estetizzante al Comunale di Bologna

Sostanzialmente statica la regia di Gabriele Lavia

Per la stagione lirica 2009 – 2010 la Fondazione Teatro Comunale di Bologna ha presentato all’interno del suo cartellone una nuova produzione di Salome di Richard Strauss coprodotta con il Teatro Verdi di Trieste.
La messa in scena è stata affidata a Gabriele Lavia che ha proposto, insieme allo scenografo Alessandro Camera, una scena scarna, quasi lunare o meglio marziana poiché le tinte viravano tutte al rossastro; una sorta di landa desolata solcata da profonde fenditure ma anche luminosa di lacche e vernici. I costumi affidati a Andrea Viotti si ispiravano all’epoca della composizione dell’opera e presentavano marcati accenti militari con tanto di dragoni in divisa che sorvegliavano la cisterna del profeta da cui uscivano lunghe catene.
 

Con queste premesse ci si sarebbe aspettati una regia simbolica e controllata invece i personaggi  risultavano quasi caricaturali e sostanzialmente disomogenei nella resa scenica. Jochanaan non aveva niente del giovinetto etereo che vede Salome, ma era un energumeno mezzo nudo che ad un certo punto vagava per il palco trascinandosi le sue pesanti catene. Salome risultava molto statica, quasi sempre seduta o accovacciata, mentre Erode era una gesticolante caricatura militaresca. Nel finale poi una grande testa, quella del profeta, è sbucata dal suolo e Salome accovacciata su di essa ha cantato il suo ultimo arioso. Una scelta decisamente troppo estetizzante che ha tolto molto della perversione insita nel finale del dramma. Alcune buone idee come la grande lente di ingrandimento dietro alla quale Salome risultava ingrandita durante la danza dei sette veli non hanno attenuato l’impressione di una certa disomogeneità nella resa dei personaggi e degli intenti registici.
Buona la concertazione del maestro Nicola Luisotti che ha diretto con piglio e trasporto la complessa partitura straussiana, dando il meglio nell’intermezzo e nella danza dei sette veli.
Il rapporto con il palcoscenico era tuttavia a volte disomogeneo con una eccessiva preponderanza dell’orchestra.
Dal punto di vista vocale spiccava su tutti l’Erode di Robert Brubaker, dalla voce sonora e timbrata; l’unico che riusciva a riempire per intero la sala del Comunale e a sovrastare l’orchestra. Tutte le altre voci, anche se molte con una discreta resa vocale, risultavano spesso ovattate e coperte dall’orchestra. Appassionata e partecipe anche se affaticata nel finale la Salome di Elena Nebera, mentre non sufficientemente imponente risultava il profeta di Harry Peeters. Corretti Delia Schaechter (Erodiade) e Mark Milhofer (Narraboth), come tutti gli altri numerosi interpreti.
Il pubblico ha applaudito con convinzione tutti gli interpreti riservando consensi particolarmente calorosi al maestro Luisotti. 

Raffaello Malesci (21/01/10)