Recensioni - Cultura e musica

Una nuova corte del Re Sole a Verona

Tra i balletti che la Direttrice del Corpo di ballo della Fondazione dell’Arena di Verona, Maria Grazia Garofoli, ha deciso di ins...

Tra i balletti che la Direttrice del Corpo di ballo della Fondazione dell’Arena di Verona, Maria Grazia Garofoli, ha deciso di inserire nel calendario di questa stagione lirica c’è La Bella addormentata nel bosco, andata in scena dall’11 al 16 marzo.
Il balletto nacque alla fine dell’Ottocento da un’idea del principe russo Vsevolozskij, allora sovrintendente dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo, con l’intento di celebrare l’opulenza e la grandezza della corte dello zar simile per paragone solo a quella francese del Re Sole.
Se questo fosse stato l’intento principale della Garofoli nel rimettere sulla scena questo pezzo del repertorio tardo ottocentesco, certo si potrebbe con sicurezza affermare che sarebbe senz’altro riuscito anche grazie alle splendide scenografie di Giuseppe De Filippi Venezia, che è riuscito creare uno splendido effetto di tridimensionalità soprattutto del secondo atto con lo scenario del bosco e ai costumi di Roberta Guidi Di Bagno. Invece il proposito principale della Garofoli era quello di prendere spunto dalla bella favola di Perrault per trasformarla in rappresentazione dell’idea della “bambina-ballerina-principessa”, che secondo lei ci sarebbe in ogni donna e in particolare in ogni donna che ha frequentato una Accademia di danza: ecco allora che la lezione di ballo di Aurora bambina non è che l’inizio del sogno, il compimento del 16° anno coincide accademicamente con il ricevimento della spilla nel giorno del diploma (nella favola Aurora si punge con un fuso) e il sonno sta ad indicare il difficile momento in cui ogni artista compie le scelte che influenzeranno la sua carriera artistica, come la preferenza del partner coi cui ballare o del Maestro da seguire.
Tolto questo intento, che alla fine risulta essere poco più che una sfumatura, la storia creata da Vsevolozskij-Caikovskij-Petipa non è stata modificata nella sostanza, se non in qualche passaggio del primo e secondo atto e soprattutto invece nei divertissement del terzo atto.

Lo scenario si apre, come di consueto, con il prologo, ovvero la festa per il battesimo della principessina, bambina attesissima dalla coppia reale che non riusciva ad avere figli. All’avvenimento sono stati invitati tutti i più importanti dignitari del regno e le fate (che nella versione veronese sono accompagnate ciascuna da un cavaliere) che portano in dono ciascuna una virtù per la bimba. Carabosse, la fata malvagia, non è stata invitata, ma si presenta ugualmente alla festa e per il torto subito scaglia una maledizione sulla bambina: il giorno del suo 16° compleanno la principessa si pungerà con un fuso e morirà. Interviene allora la buona fata dei Lillà che non avendo ancora portato il suo dono, trasforma l’incantesimo: Aurora non morirà, ma cadrà addormentata fino a quando il bacio di un principe innamorato di lei non la risveglierà.
Nel primo atto vediamo Aurora bambina che prende lezioni di danza e una sarta che le porge un bellissimo tutù (che tutte le bambine-ballerine desiderano): la madre glielo toglie di mano pungendosi e fa allontanare dal regno la sarta che ha disubbidito all’ordine di non utilizzare oggetti che pungano. Segue il celebre valzer con le ghirlande di fiori eseguito da dodici coppie di ballerini e finalmente, la presentazione dei pretendenti con il celebre adagio della rosa.
Il secondo atto si apre in uno splendido scenario boschivo: anche gli abiti sono nuovamente cambiati e quelli della caccia danno l’idea di nuove fogge, cioè del tempo che è trascorso, mentre quelli delle diadi danno il senso della rovina e dell’oblio durato oltre cento anni. Il principe Desiré è a caccia con gli amici e in un momento in cui resta solo gli appare la dama dei Lillà (che nell’originale rimane la fata dei Lillà) che gli racconta la storia di Aurora. Il principe è desideroso di liberarla dall’incantesimo e si fa guidare, su un’orribile papero!, davanti al cancello della dimora della principessa, dove deve duellare con Carabosse, che, credendo di averlo ucciso, lo lascia a terra e se ne va. Il principe entra nella reggia e trova tutti addormentati: sveglia la sua amata e danza con lei.
Il terzo atto è quello delle nozze di Aurora ed è quello dove la Garofoli ha apportato davvero grosse modifiche: nell’originale russo intervengono alla festa i personaggi di altre favole di Perrault, come Cappuccetto Rosso e il lupo, il Gatto con gli stivali, Cenerentola, etc.; nella versione del Filarmonico troviamo mantenuto il passo a due dell’Uccello blu, ma inseriti, quasi fuori da ogni logica, ci sono anche il passo a due del primo atto dello Schiaccianoci e quello del terzo atto del lago dei cigni. L’idea che sottende questo intervento, cioè i tre principi di Caikovskij riuniti in un unico momento di festa, è assai labile e certo di nessun effetto.

Gli interpreti dei ruoli principali erano Irina Dvorovenko e José Manuel Carreno che sono stati davvero eccezionali tolta qualche piccola incertezza della Dvorovenko in alcuni passaggi alla seconda nell’adagio della rosa.
Tra gli altri personaggi si sono distinti Giovanni Patti nei brisé volé en avant e en arrière dell’Uccello blu e Cinzia Vittone nella variazione della fata audace. Poco convincente e poco dolce verrebbe da dire, seppur molto tecnica, l’interpretazione della Fata dei Lillà di Ghislaine Valeriani.
Belle le coreografie della Garofoli per i momenti corali del primo e del secondo atto, specialmente quelle del bosco.

Sonia Baccinelli 14/03/2003