L’Aida di Zeffirelli veleggia in Arena dal 2002 e sostanzialmente tiene come spettacolo turistico popolare. L’allestimento come gi...
L’Aida di Zeffirelli veleggia in Arena dal 2002 e sostanzialmente tiene come spettacolo turistico popolare. L’allestimento come già riferito anni fa ha diversi punti di forza fra cui le splendide luci e un cromatismo di plastico effetto, oltre ad una macchina teatrale collaudata che punta alla quantità degli effetti visivi più che alla sostanza. Restano ancora le pecche di allora : l’eccessiva sovrabbondanza delle scene di massa, alcuni costumi francamente brutti e una certa genericità nei movimenti sia dei cantanti che delle masse.
Comunque l’arena abbastanza gremita di spettatori, soprattutto stranieri, sembra apprezzare l’evento e si riempie gli occhi di uno spettacolo che se ha lo scopo di stupire per la grandiosità un pubblico poco avvezzo all’opera ma interessato a godersi una serata estiva sulle pietre dell’anfiteatro ed a essere stupito ci riesce in pieno.
Deludente tuttavia dal punto di vista del canto il cast in cui l’unico a salvarsi per linea di canto omogenea, voce salda e tonante e buon fraseggio è il Re di Marco Spotti che conferma la già bella prova di Gioconda. Tutti gli altri portano a casa la serata eseguendo quasi tutte le note richieste ma giostrandosi su una stanca routine. Sfuocata e calante l’Aida di Micaela Carosi, generica e dalla pessima dizione l’Amneris di Trichina Vaughn, stentoreo e nulla più il Radames di Piero Giuliacci, approssimativo e inutilmente tonitruante l’Amonasro di Ambrogio Maestri, corretto ma poco incisivo il Ramfis di Vitalij Kowaljow. Anche la direzione di Daniel Oren si appoggia su una routine di stampo spettacolare di poco interesse.
Alla fine applausi cordiali per tutti
R. Malesci
(20 Luglio 2005)