Buon thriller di complessiva e discreta fattura. Ma niente di più.
Un film di Niels Arden Oplev.
Con Michael Nyqvist, Noomi Rapace, Lena Endre, Sven-Bertil Taube, Peter Haber. Peter Andersson, Marika Lagercrantz, Ingvar Hirdwall, Björn Granath, Ewa Fröling, Per Oscarsson, Michalis Koutsogiannakis, Annika Hallin, Sofia Ledarp, Thomas Köhler, Stefan Sauk, Gösta Bredefeldt, Reuben Sallmander, David Dencik, Georgi Staykov, Gunnel Lindblom
Stieg Larsson, autore svedese della trilogia (ormai di culto) Millennium, è morto d’infarto a cinquant’anni, dopo aver fatto sette piani di scale, e forse mai avrebbe immaginato il successo planetario della sua opera, davvero impensabile per tomi intorno alle seicento-settecento pagine. Pare che la famiglia, oltre che litigare per i diritti d’autore, che ha negato alla sua compagna di vita, abbia deciso di non dare alle stampe il quarto e quinto volume della saga, perché incompiuti, quindi noi lettori avremo di che lambiccarci…confesso che sto leggendo il secondo volume, e approfitto di tutti i momenti liberi per farlo.
La storia parte dai quadretti con i fiori essiccati che il vecchio Henrik Vanger, magnate industriale, riceve ogni anno per il suo compleanno, e che lui sospetta gli vengano inviati dall’assassino della nipote Harriet, scomparsa da ormai quarant’anni. Per cercare di dipanare l’irrisolto mistero, Vanger chiamerà Mikael Blomkvist, giornalista spregiudicato della rivista Millennium, caduto momentaneamente in disgrazia per un’inchiesta finita male; ma sarà Lisbeth Salander, ragazza con un passato di abusi che si sospettano terribili, hacker bravissima dalla personalità inquietante e affascinante, il vero deus ex machina della vicenda, che si dipanerà attraverso storie atroci di violenze sulle donne, che si connettono ad un tessuto familiare e sociale di un passato nazista ed eugenetico, a cui la stessa Svezia, dietro l’apparenza socialdemocratica e liberale, pare non sia stata storicamente indifferente.
Stieg Larsson era un profondo conoscitore dei movimenti di estrema destra, e si schierò apertamente contro di essi, ricevendo per questo minacce di morte.
Gli attori fanno egregiamente la loro parte, ma è Noomi Rapace, che impersona Lisbeth, quella più efficace e credibile. Le scene di stupro presenti nel film sono disturbanti, e mi sarebbe parso opportuno e funzionale all’ottica psicologica del film, peraltro sostanzialmente fedele al libro, che comparissero ogni tanto, così come nel libro, alcune scritte in cui si esplicita con dati numerici l’escalation della violenza sessuale in Svezia. Meno male che, oltre agli uomini che odiano le donne, e sono tanti, ci sono anche quelli che le amano, compresi alcuni registi, Eastwood e Almodovar per primi.
Elena Bettinetti