Madama Butterfly di per sé non sarebbe titolo da Arena: opera intimista, medesima ambientazione per tutti e tre gli atti, rarament...
Madama Butterfly di per sé non sarebbe titolo da Arena: opera intimista, medesima ambientazione per tutti e tre gli atti, raramente vi sono più di due persone in scena. Tuttavia la lunga esperienza cinematografica di Franco Zeffirelli ha permesso di creare un allestimento estremamente vario e movimentato che ottimamente si è prestato agli ampi spazi areniani.
Il regista toscano ha infatti scelto di far iniziare la vicenda non nei pressi della casa che Pinkerton ha comprato “per novecentonovantanove anni”, bensì lungo le vie di Nagasaki, qui rappresentate da una collina, brulicanti di persone dedite alle più disparate attività. Nonostante la presenza di un gran numero di comparse la controscena si è mantenuta sempre sobria, al punto di non distrarre mai eccessivamente l’attenzione dal gruppo dei protagonisti, sino al momento in cui, con un perfetto colpo di teatro, la montagna si è aperta per far posto alla casa di Butterfly che da lì in poi sarebbe divenuta il teatro della vicenda. La soluzione di nascondere la casa all’interno della montagna, quasi a voler proteggere l’intimità e la fragilità della protagonista, è stata ripresa alla fine di ogni atto, ovvero in occasione del duetto d’amore, della veglia notturna e nel finale dopo il suicidio.
Fatta eccezione per questi particolari il resto dello spettacolo si è mosso su un impianto registico tradizionale all’interno di una scenografia elegantemente classica sempre di Zeffirelli impreziosita dagli sfarzosi costumi elaborati da Emi Wada.
Nonostante nella seconda parte dell’opera non vi fosse il continuo viavai dell’inizio lo spettacolo non ha mai mostrato alcun segno di cedimento, grazie anche alla superlativa prova fornita da Daniela Dessì nel ruolo della protagonista. La sua interpretazione intensa, vibrante, partecipe ha toccato punte di eccellenza nel tratteggiare le infinite sfaccettature che caratterizzano l’evoluzione di Butterfly durante il secondo atto, all’interno delle quali si è destreggiata con eccellente musicalità.
Accanto a lei Fabio Armillato è stato un Pinkerton dalla voce squillante e sicura, di cui è emerso forse maggiormente il lato baldanzoso rispetto a quello più lirico. Buona anche la prova di Francesca Franci nel ruolo di Suzuki, di cui si sono apprezzate le doti vocali soprattutto nel duetto dei fiori. Completava il quartetto dei protagonisti l’efficace Sherpless di Alberto Mastromarino.
Keri-Lynn Wilson, prima donna a salire sul podio areniano, ha diretto in modo corretto e puntuale un’orchestra nel complesso omogenea, salvo qualche imperfezione negli ottoni, dimostrando una grande attenzione nei confronti dei cantanti, al punto da ridurre in più occasioni il volume orchestrale per consentire loro filati e mezzevoci di grande effetto. D’altro canto la sua concertazione in alcune occasioni è sembrata un po’ trattenuta, mancando di quello slancio elegiaco e sentimentale che forse Puccini richiederebbe in misura maggiore.
Al termine calorosi applausi per tutti e vere e proprie ovazioni per Daniela Dessì.
Davide Cornacchione 23 agosto 2006