Recensioni - Cultura e musica

VERONA: Romanticismo e poesia nella Sonnambula di De Ana

La Sonnambula, capolavoro belliniano, è opera dalla drammaturgia semplice e lineare, di conseguenza poco si presta ad interpretazi...

La Sonnambula, capolavoro belliniano, è opera dalla drammaturgia semplice e lineare, di conseguenza poco si presta ad interpretazioni che ne stravolgano o ne modifichino sostanzialmente l'impianto. Ed infatti anche per questo nuovo allestimento della Fondazione Arena di Verona, che ha debuttato il 12 gennaio al teatro Filarmonico, il regista Hugo de Ana, in veste anche di scenografo e costumista, ha scelto di mantenersi nel solco di una lettura in chiave romantico - tradizionale della vicenda.
L'ambientazione era quindi quella della Svizzera ottocentesca, rievocata grazie ad una scenografia che si avvaleva di retroproiezioni ispirate alla pittura romantica mitteleuropea, con particolare affinità all’opera del tedesco Caspar David Friedrich. Di stampo ottocentesco anche gli sfarzosi costumi che rimandavano al celebre allestimento scaligero dell’opera curato da Visconti negli anni ’50.
Un altro dei rischi in cui si può incorrere nell’affrontare partiture appartenenti al repertorio belcantistico, caratterizzate dalla classica struttura a pezzi chiusi, è quello di una certa staticità nell’impostazione registica, che alla lunga può risultare monotona. De Ana ha abilmente evitato questo inconveniente utilizzando le masse corali per comporre dei suggestivi tableux vivants sapientemente illuminati dalle luci di Paolo Mazzon e giocando con le proiezioni del fondale, che mutavano progressivamente a seconda dell'evolversi della vicenda. In sostanza una regia semplice e lineare ma poetica ed evocativa, estremamente appropriata e sempre al servizio della musica.
Se per la parte visiva di questo spettacolo si possono spendere solo lodi, quasi altrettanto si può dire per il versante musicale. Eva Mei ha dimostrato di essere una delle Amine di riferimento nell’attuale panorama italiano ed internazionale: timbro sicuro, buona padronanza della coloritura e grande espressività, sia nei momenti lirici che nell'uso delle mezzevoci. Al suo fianco l’Elvino di Antonio Siragusa che, pur denotando qualche fissità nell'emissione e qualche incertezza nella prima parte del secondo atto, ha ovviato a questi inconvenienti dando prova di una buona musicalità e sfoggiando uno squillante registro acuto. Michele Pertusi, come sempre a suo agio in un repertorio a lui congeniale, ha cantato un elegante Conte Rodolfo. A completamento di tale cast è da segnalare l’interessantissima Lisa interpretata dalla giovane Alessandra Marianelli, di cui peraltro già avevamo avuto modo di lodare il talento nel Don Giovanni ascoltato al Filarmonico in occasione del "Settembre dell'Accademia". In questa nuova Sonnambula non ha fatto altro che confermarsi come una delle soprano emergenti di maggior interesse. Unico neo, ma non imputabile alla cantante, il taglio dell'aria “De’ lieti auguri”: viste le premesse sarebbe stato decisamente il caso di non accondiscendere alla tradizione che spesso porta all’eliminazione di questo brano nelle recite dal vivo.
Rimarchevole la prova dell’orchestra e del coro della Fondazione Arena, nonostante la direzione di Patrick Fournellier abbia spesso rallentato in maniera eccessiva i tempi con conseguente appesantimento e perdita di fluidità di alcuni passaggi.
Al termine meritato successo di pubblico in un teatro quasi esaurito, per una produzione di indiscusso valore.

Davide Cornacchione 16 gennaio 2007