Recensioni - Cultura e musica

VERONA: Temirkanov: un bis di gran classe a distanza di due anni

Secondo una tradizione ormai consolidata il concerto inaugurale del Settembre dell’Accademia ha visto un’orchestra proveniente dal...

Secondo una tradizione ormai consolidata il concerto inaugurale del Settembre dell’Accademia ha visto un’orchestra proveniente dal nord Europa ed un programma dedicato a musicisti di quell’area geografica. Coincidenza ha voluto che il compito toccasse anche quest’anno al direttore russo Yuri temirkanov alla testa dell’ Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo, con un programma quasi identico a quello presentato due anni fa con la Danish Symphony Orchestra.
Eccezion fatta per l’ouverture Romeo e Giulietta di Piötr Il’ic Čajkovskij con cui si è aperto il concerto, il programma prevedeva gli stessi brani ascoltati nel 2005, ovvero la suite dell’Uccello di fuoco di Igor Stravinskij e la Quinta Sinfonia sempre di Čajkovskij e, alla luce del risultato, si è trattato di una riproposta di indubbio interesse e di grande fascino.
Pur avendo ricevuto lodi entusiastiche da Vladimir Stasov, uno dei più convinti sostenitori del nazionalismo musicale russo, l’ouverture Romeo e Giulietta presenta una concezione sostanzialmente classicistica ed occidentalizzante, soprattutto nella sua fedeltà alla struttura della forma sonata, rifacendosi a schemi consolidati dello stile compositivo Čajkovskiano.
Twemirkanov, anziché darne una lettura in chiave drammatica, ha preferito esaltare la componente timbrica dell’orchestra, staccando dei tempi molto lenti in una sorta di compiacimento sonoro di grande suggestione. Forse questo ha un po’ nuociuto all’unitarietà del brano, infatti in alcuni casi gli attacchi dei singoli gruppi orchestrali non sono sembrati perfettamente immacolati, tuttavia vi sono stati passaggi, come ad esempio il crescendo finale, in cui la ricchezza dei colori e la nitidezza del suono hanno regalato grandi emozioni.
Singolare è stato il fatto che una linea interpretativa analoga sia tata scelta anche per il brano successivo di Stravinskij. È vero che nell’Uccello di fuoco la componente timbrica risente ancora molto delle influenze impressioniste, pertanto una lettura che esalti le trasparenze della partitura a vantaggio delle singole voci è da apprezzare, tuttavia nel complesso si è avuta quasi l’impressione di una rilettura stravinskiana in chiave ottocentesca. Sensazione nata probabilmente da un orecchio abituato ad interpretazioni della musica del ‘900 più spigolose e ricche di contrasti, che ci ha messo un po’ ad entrare in sintonia con il suono più rotondo e corposo che scaturiva in quest’occasione dalla Filarmonica.
Il clou della serata si è però raggiunto con l’esecuzione della Quinta Sinfonia di Čajkovskij.
Composta durante l’ultimo periodo del musicista russo, questa sinfonia presenta alcune analogie con l’omologa beethoveniana, infatti anch’essa, intrisa di profondo pessimismo, presenta un tema, definito “del destino”, che apre il primo movimento e torna anche nei tre successivi, sino al finale in cui chiude in tonalità maggiore.
Anche in questo caso Temirkanov ha voluto esaltare la componente timbrica della partitura ed il “colore” tipicamente russo della sua orchestra. Il “tema del destino” è stato presentato in apertura con un tempo lentissimo e cadenzato, quasi si trattasse di una trenodia funebre, a cui ha fatto seguito un primo movimento in cui la melodia sembrava quasi venire distillata dall’orchestra. Questa scelta è stata mantenuta sino al quarto movimento, per il quale invece è stato staccato un tempo più sostenuto rispetto ai precedenti, che ha portato ad un crescendo finale liberatorio, quasi a voler in parte mitigare il clima malinconico della prima parte.
Al termine applausi calorosissimi da parte di un Teatro Filarmonico esaurito in ogni ordine ed un brano di Elgar concesso come bis.

Davide Cornacchione 6 settembre 2007