Recensioni - Cultura e musica

VERONA: Trionfale debutto italiano della Cleveland Orchestra

A conclusione del magnifico concerto tenuto dalla Cleveland Orchestra in occasione del Settembre dell’Accademia, che ha segnato il...

A conclusione del magnifico concerto tenuto dalla Cleveland Orchestra in occasione del Settembre dell’Accademia, che ha segnato il suo debutto in territorio italiano dopo quasi un secolo di attività, il primo pensiero è stato chiedersi per quale incomprensibile distrazione nessun direttore artistico abbia mai pensato di invitare prima in Italia una formazione di tale indiscusso valore.
Entrata a pieno titolo nel gruppo delle “Big five” americane, la Cleveland può vantare un parterre di direttori musicali di altissimo livello: da Gorge Szell a Lorin Maazel a Pierre Boulez all’attuale Franz Welser-Möst, che hanno contribuito a plasmare una delle migliori orchestre attualmente in circolazione nel panorama internazionale. Chi si è trovato quella sera al Filarmonico può tranquillamente fregiarsi di aver assistito ad una “prima” storica, che, si spera, non sia destinata a restare un evento isolato nel panorama musicale italiano.
Il programma proposto, che prevedeva tre autori molto diversi tra loro: Prokofiev, Mozart e Debussy, dava l’impressione che alla base vi fosse l’intenzione da parte della Cleveland di offrire un saggio del suo straordinario eclettismo, e della sua capacità di confrontarsi in modo altrettanto efficace con stili compositivi lontani tra loro.
Il concerto si è aperto con una suite del balletto Romeo e Giulietta di Sergej Prokofiev, che ci è piaciuto immaginare come un omaggio alla città ospite. Guidata dal gesto rigoroso, asciutto di Franz Welser-Möst la Cleveland Orchestra ha sfoggiato un suono straordinario, limpido, cristallino, in cui le singole sezioni risaltavano magnificamente, fondendosi però in un unicum assolutamente omogeneo. Un Prokofiev lucido, tagliente, calibratissimo, ma allo stesso tempo ricco di colori e sfumature, in un’esaltazione minuziosa dei dettagli che però non ha mai compromesso la visione d’insieme della selezione.
Caratteristiche queste che sono emerse anche nel secondo brano in programma, ovvero la Sinfonia numero 38 “Praga” di Wolfgang Amadeus Mozart. Con grande disinvoltura l’orchestra ha saputo passare dalle asperità del musicista russo alla purezza apollinea del genio salisburghese modellandosi perfettamente sullo stile del compositore. Complice la sua formazione mitteleuropea, Möst ha cesellato un Mozart di stampo romantico, indugiando molto sulla partitura e staccando tempi tutto sommato lenti che gli hanno permesso veri e propri preziosismi sonori. Raramente è capitato di ascoltare un adagio iniziale in cui gli archi gravi emergessero con tale nitidezza e trasparenza nei loro passaggi, anche se il vero capolavoro, in cui equilibrio e lirismo si sono perfettamente fusi, è stato il secondo movimento, in cui la minuziosa ricerca del singolo effetto non si è trasformata mai in sterile autocompiacimento.
Ultimo brano in programma era una delle composizioni icastiche dello stile impressionista, ovvero il poema sinfonico La Mer di Claude Debussy.
Non facendosi tentare da evanescenze tardo-romantiche Möst ha affrontato la partitura con logica razionalistica, addentrandosi nelle strutture compositive e ponendo in risalto il timbro orchestrale. L’immagine che ne è scaturita è stata quella di un mare di cristallo, scintillante di mille sfaccettature e di mille colori ma tutti tenuti in perfetto equilibrio tra loro.
Ultimo gioiello della serata l’ouverture del Pipistrello di Strauss per un bis le cui sonorità erano degne delle migliori orchestre austriache. L’austrico Möst ha giocato con la sua musica ed è riuscito ad trasmetterne perfettamente lo spirito plasmando l’orchestra americana nel più raffinato stile viennese ottenendo un eccellente risultato.
Al termine vere e proprie ovazioni da parte di un pubblico assolutamente conquistato.

Davide Cornacchione 15 settembre 2006