Recensioni - Cultura e musica

VERONA: Tutti per Mozart, Mozart per tutti.

Strada coraggiosa e sicuramente stimolante quella intrapresa dalla Fondazione Arena in collaborazione con I Teatri di Reggio Emili...

Strada coraggiosa e sicuramente stimolante quella intrapresa dalla Fondazione Arena in collaborazione con I Teatri di Reggio Emilia per le celebrazioni del duecentocinquantenario mozartiano: l’allestimento della trilogia Mozart-Da Ponte in due cicli di tre serate consecutive, affidando l’impresa ad un ensemble di giovani cantanti che si sono alternati nei vari titoli sotto la direzione del Maestro Jonathan Webb per la regia di Daniele Abbado.
Con la premessa che le mie impressioni si basano solo sui due terzi del lavoro (ovvero Così fan tutte e Don Giovanni, non avendo potuto assistere alle Nozze di Figaro), devo constatare come, seppur con qualche riserva, l’impresa sia riuscita in modo sostanzialmente convincente.
Trattandosi di tre messinscene così ravvicinate Abbado ha, a mio avviso molto opportunamente, optato per una linea comune, che tendesse a presentare i tre lavori come le diverse facce di un unico denominatore, ovvero l’amore nelle sue più profonde e più complesse sfaccettature. Per questo, insieme allo scenografo e costumista Gianni Carluccio, ha optato per un impianto scenico costituito da una grossa pedana ruotante che, mediante l’aggiunta di pochi elementi volta per volta, potesse diventare il luogo d’azione di tutte e tre le vicende. Discorso analogo per i costumi, che rimandavano ad un ‘900 indefinito, quasi a voler rimarcare l’universalità dei temi affrontati.
Se da un punto di vista teorico una proposta di questo genere poteva rivelarsi estremamente intrigante, alla resa dei conti sul palcoscenico ha però mostrato qualche limite, primo fra tutti l’uso dello spazio. Il voler ambientare un’opera marcatamente intimista come il Così fan tutte, in cui raramente i personaggi in scena sono più di tre, su di un palcoscenico completamente spoglio, eccezion fatta per la succitata pedana e poco altro, può alla lunga dare un senso di vuoto disperdendo l’azione e non aiutando a focalizzare l’attenzione sui personaggi e soprattutto sui loro sentimenti, che sono il vero cardine di una vicenda in cui, dal punto di vista narrativo, non accade praticamente nulla. Abbado ha tentato di ovviare a questo horror vacui avvalendosi delle suggestive luci sempre di Carlucccio e di alcuni video di Luca Scarzella, ma, nonostante momenti estremamente suggestivi (bellissimo ad esempio l’effetto acqua sul terzetto “Soave sia il vento”), non sempre si aveva l’impressione che le varie scene fossero connotate in modo così netto.
Estremamente interessante invece lo studio nella costruzione dei singoli personaggi. Puntuale ed accurato il lavoro registico di Abbado, assecondato da un cast giovane e duttile che si è esibito in una recitazione moderna ed accattivante, delineando caratteri convincenti e a tutto tondo.
Discorso analogo per il Don Giovanni, a cui l’aver aggiunto un muro nel mezzo della pedana non ha particolarmente giovato a rendere più dinamica l’azione e meglio definire lo spazio scenico. Trattandosi di un’opera dalla drammaturgia più articolata rispetto alla precedente, le cui vicende non si svolgono più solo all’interno di un salotto borghese, ma spaziano in una miriade di ambienti in cui si alternano dramma e commedia, il problema di un’eccessiva uniformità si è fatto maggiormente sentire. Il continuo ruotare della pedana alla fine risultava ripetitivo ed anche i video, che alternavano filmati di repertorio a riprese in contemporanea di ciò che accadeva sulla scena, non aiutavano ad una reale costruzione drammaturgica. Eccellente anche in questo caso la recitazione dei singoli. Eccezion fatta per la recente edizione di Peter Brook non ho ricordi di aver ascoltato dei recitativi tanto curati ed efficaci.
Una impostazione registica moderna come questa si sarebbe perfettamente sposata ad una interpretazione musicale tesa e dinamica, ricca di contrasti e sfumature. Al contrario Jonathan Webb ha optato in entrambi i casi per una lettura abbastanza pesante, priva di smalto e colori, non sfruttando sino in fondo l’orchestra della Fondazione Arena che al contrario mi è parsa in buona forma, dando una convincente prova di compattezza ed uniformità sonora.
Di ottimo livello il giovane ensemble vocale che si è prodigato ripartendosi nelle tre serate e dando prova di grande versatilità. Da segnalare in particolare le prove di Nicola Ulivieri (accattivante Don Giovanni), Alesandra Marianelli (musicalissima Zerlina), Francesco Meli (solare Ferrando), Alfonso Antoniozzi (Don Alfonso e Leporello) e Myrtò Papatanasiu e Francesca Provvisionato (Fiordiligi e Dorabella).

Davide Cornacchione 8 e 9 aprile 2006