Recensioni - Cultura e musica

Ventata di novità al Grande con La voix humaine

La voix humaine e I Pagliacci – Brescia Teatro Grande

Lo spettacolo andato in scena venerdì 20 e domenica 22 novembre al Teatro Grande di Brescia ha proposto un titolo di assoluta novità: La voix humaine tratta dal libretto di Jean Cocteau sul musica di Francis Poulenc.
Questo titolo così poco rappresentato è stato reso attuale e credibile sia per la perfetta interpretazione dell’unica cantante, la bravissima Tiziana Fabbricini più volte applaudita a scena aperta, sia per l’indovinatissima scelta registica.

Cocteau aveva previsto l’ambientazione in una camera da letto e tutto ciò è perfettamente comprensibile se si considera il fatto che l’opera altro non è che un monologo telefonico e la “seconda voce” è spesso rappresentata dall’orchestra.
Il regista, Leo Muscato, fa invece aprire la scena con un’auto schiantata su un palo della luce. La nota del librettista prevedeva che il brano fosse cantato da un’attrice giovane, fine e abbigliata in maniera elegante; ecco quindi che dall’auto esce una donna di classe, interamente vestita in rosso che parla al suo telefono cellulare. E proprio qui sta la trovata geniale del regista, perché tutti i disguidi telefonici di un tempo sono gli stessi che abbiamo noi oggi coi cellulari: i nostri “pronto”, “non ti sento bene”, “è caduta di nuovo la linea” sono gli stessi problemi ieri e oggi.
E anche i dialoghi sono ancora gli stessi: una donna abbandonata dal suo uomo che però continua a chiamarla e, nonostante entrambi sappiano che così prolungheranno più a lungo l’agonia del distacco,  non possono fare a meno di non sentirsi per minuti interminabili. Le frasi sono le stesse che noi abbiamo pronunciato (o sentito pronunciare) almeno una volta oppure le abbiamo pensate, ma non abbiamo avuto il coraggio di dire: frasi come “tu hai molta pazienza, ma cerca di capirmi, io soffro” oppure “sei molto buono tesoro… amore mio al quale faccio molto male”.
Il fatto poi di continuare a credere che un uomo possa essere migliore di un altro significa semplicemente negare l’evidenza: se non sussistono patologie o perversioni, nessuno è meglio di qualcun altro, semplicemente è diverso e non va bene per noi in quel momento della nostra vita.
Sulla fine poi la più normale delle cose che noi facciamo ora: dormire con il telefono (fisso o cellulare) a fianco, pronto a ricevere in qualsiasi momento perché ci sentiamo persi senza di esso. Sentire invece la protagonista che dice: “Mi sono coricata col telefono… Sì, lo so che sono assai ridicola…” ci riporta per un attimo alla realtà, ciò l’essere infinitamente solo dell’uomo.
Il libretto di Jean Cocteau è stato rivoluzionario per i suoi tempi ed è assolutamente attuale oggi: “Una volta ci si vedeva, si poteva perder la testa, scordare le promesse, rischiare ogni cosa, convincere chi si amava abbracciandolo e aggrappandosi a lui. Uno sguardo poteva cambiare tutto. Ma ora, con questo apparecchio, una volta finita è finita…”. E noi cosa dovremmo dire oggi nell’era della tecnologia tra sms, mail, chat, facebook e twitter? Noi non ci sentiamo nemmeno più, semplicemente trasmettiamo un’informazione all’altro/a, quasi senza più nessun trasporto (c’è persino chi informa il coniuge di volersi separare con sms!).
Nel secondo tempo è stato presentato un altro titolo con una storia d’amore: I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. La vicenda si ispira a fatti realmente accaduti (il padre, magistrato in Calabria, aveva infatti giudicato un delitto di gelosia avvenuto a Montalto Uffugo). La storia è presto detta: in una piccola compagnia circense, un uomo geloso uccide la moglie ed il suo amante al termine della messinscena sul medesimo tema. Anche questo è molto attuale, come spesso si legge nelle cronache dei giornali.
“L'azione di Pagliacci - spiega Leo Muscato - è ambientata ai giorni nostri. Si è scelto di dare un carattere molto preciso al tipo di spettacolo che questi comici portano in scena, una sorta di reinvenzione contemporanea della Commedia dell'Arte. Poi ci si è concentrati sull'universo teatrale che si voleva raccontare, cercando di far emergere il privato di questa compagnia, e scegliendo di mostrare il dietro le quinte del loro spettacolo”.
L’allestimento era di grande impatto  e notevole efficacia per scene e costumi, curate rispettivamente da Antonio Panzuto e Monica Iacuzzo. Altrettanto si può dire degli interpreti interpreti, in particolare Ivan Inverardi, che ha esordito in maniera magistrale nel prologo (Si può?) e Mickael Spadacini nel ruolo di Canio.


Sonia Baccinelli 22 novembre 2009