Recensioni - Cultura e musica

Verdi e Wagner insieme per il bicentenario

Al festival Verdi il concerto dell’Orchestra Nazionale di Francia diretta da Daniele Gatti

Anche al Festival Verdi non poteva mancare l’omaggio al coetaneo Richard Wagner di cui quest’anno cade il bicentenario della nascita. Per l’occasione la scelta è caduta su una delle bacchette wagneriane di maggior prestigio, ovvero quella di Danele Gatti, accompagnato dall’Orchestra Nazionale di Francia di cui è direttore principale.

A pochi giorni dall’evento il programma ha subito però una lieve modifica ed il concerto all’origine dedicato esclusivamente al compositore tedesco si è risolto in una serata Verdi –Wagner nella quale i previsti brani tratti da Götterdämmerung sono stati sostituiti da una serie di ouvertures e ballabili del “padrone di casa”.
La selezione verdiana prevedeva tre preludi, rispettivamente Nabucco, Luisa Miller e Vespri siciliani, alternati ai balletti di Macbeth e Otello.
La sensazione avuta nel corso di questa prima parte è stata la conferma che Verdi non è compositore di brani da concerto. Le sue melodie, anche se pezzi chiusi, sono comunque funzionali ad un più ampio progetto operistico. A parte probabilmente la sinfonia dei Vespri siciliani, che per raffinatezza e perfezione è probabilmente l’unica –forse insieme a quella della Forza del destino- a poter godere di una sua autonomia, tutti gli altri brani strumentali che si sentono occasionalmente in sede di concerto sembrano sempre estrapolati da qualcosa d’altro che impedisce loro di trasmettere una sensazione di compiutezza.
Ciò non toglie che raramente è capitato di ascoltare tali brani in esecuzioni paragonabili a quella offerta da Gatti nel corso della serata, per cui sono bastate le prime note di Nabucco per spazzare via tutte le riflessioni appena esposte ed immergerci nel puro piacere dell’ascolto.
Il Nabucco di Gatti è molto romantico e poco risorgimentale. Il suono è curatissimo, cesellato in ogni singola battuta. Le dinamiche sono estremamente libere -scelta questa che caratterizzerà tutte le composizioni della prima parte- ma nulla sembra mai lasciato al caso o al piacere estetico fine a se stesso, anzi, tutto risulta estremamente coerente e meditato.
Discorso analogo per le danze di Macbeth, più sontuose che demoniache, ma anche in questo caso la scelta non fa una grinza: non essendo nell’ambito di un’esecuzione operistica ma di un concerto, è più che giusto voler sottolineare le caratteristiche musicali intrinseche ad ogni brano.
Pregevolissima, anche se musicalmente meno interessante l’ouverture da Luisa Miller e magistrali i ballabili di Otello, che hanno costituito un vera chicca data la rarità della loro esecuzione.
Inevitabile la chiusura con una smagliante sinfonia dei Vespri Siciliani salutata da un meritato trionfo di pubblico.
La seconda parte si è aperta con una magistrale interpretazione del preludio del primo atto di Lohengrin. Chi si aspettava il Wagner teutonico di Knappertsbusch o di Böhm ne è uscito spiazzato. Gatti non segue quella linea interpretativa e neanche quella di Solti, che pur si mantiene all’interno di una certa tradizione, o del rassicurante Barenboim che, pur lavorando di cesello, non esce dai canoni cui siamo ormai abituati. Gatti al contrario instilla una cantabilità mediterranea non solo in Lohengrin, considerata come la più italiana delle partiture wagneriane, ma in tutto il suo Wagner, ottenendo risultati tanto personali quanto efficaci.
In un crescendo, che il direttore milanese avrebbe voluto senza soluzione di continuità ma che invece è stato interrotto da alcuni applausi abbiamo ascoltato uno struggente Preludio e morte di Isotta da Tristan und Isolde e il preludio del 3 atto e incantesimo del Venerdì Santo da Parsifal, per concludere con il preludio dei Meistersinger, probabilmente l’opera tedesca per eccellenza, che mai ha sfoggiato sonorità così morbide, quasi latine.
Ovazioni e ripetute richieste di bis sono state premiate da uno struggente intermezzo da Manon Lescaut di Puccini.

Davide Cornacchione 30/10/2013