Dopo l’opera “I Pagliacci”, al Filarmonico è andato in scena uno trascinante Zorba il Greco conclusosi con 15 minuti di applausi e...
Dopo l’opera “I Pagliacci”, al Filarmonico è andato in scena uno trascinante Zorba il Greco conclusosi con 15 minuti di applausi e 3 bis!
La vicenda si svolge in un luogo non identificato della Grecia, dove arriva un turista americano (John), che subisce il fascino di questo posto esotico. Egli cerca di integrarsi nella nuova comunità, ma il popolo è ostile e solo Zorba, un greco dallo spirito più libero lo aiuterà. John si innamora poi di una giovane vedova (Marina) della quale però è innamorato anche Jorgos; Marina sceglie lo straniero, subendo a sua volta il fascino dell’esotico, ma il popolo, interpretando questa sua scelta come un tradimento, ne decreta la condanna a morte facendo cadere John in uno stato di dolore terribile. Zorba interviene, invitando John a ballare una danza liberatoria che lo libera da questo stato di sofferenza. Poco dopo muore anche la donna della quale Zorba è innamorato e questa volta sarà John a ricordare a Zorba quello che lui stesso gli aveva insegnato.
Il balletto è stato creato nel 1988 da Lorca Massine, figlio del più celebre Léonide, ballerino e coreografo dei Ballets Russes di Diaghilev. Figlio di artisti, Lorca inizia a studiare danza classica all’età di dieci anni sotto la direzione del padre, debuttando giovanissimo come ballerino (16 anni) e alternando in un primo tempo la danza classica con quella di carattere e la prosa. Di fondamentale importanza, oltre al bagaglio culturale ed artistico della famiglia d’origine, furono gli incontri con Bejart, Balanchine e Robbins.
In questi tre nomi e in quello di Léonide va senza dubbio ricercata la chiave del successo di Zorba: l’esperienza del coro in scena proposto per la prima volta nel 1920 in Le chant du Rossignol (per la coreografia di Léonide Massine), la coralità “reinventata” da Bejart, i guppi scultorei e le asimmetrie di Balanchine, il demi-carattere e l’esperienza di Broadway di Robbins sono gli ingredienti che, insieme alla trascinante musica di Mikis Theodorakis, fanno di questo balletto un successo fino ad ora poco sfruttato.
Anche il cast è stato composto in modo che ciascuno potesse veramente esprimere il meglio di sé: Irek Mukhamedov nella parte di Zorba ha danzato, ma soprattutto interpretato il personaggio in maniera superba, in particolare nella divertente danza con le odalische e nelle scene finali; Slavomir Voznikav nella parte di John ha dimostrato una straordinaria elevazione, degli splendidi aplomb, nonché una sottile interpretazione dei passi a due eseguiti con Anna Kristof (nella parte di Marina) che ha linee bellissime soprattutto delle braccia; leggermente sotto tono Giovanni Patti, che ancora una volta si trova ad interpretare la parte del cattivo, ma d’altra parte la riduzione del balletto gli lasciava anche poco spazio.
Buoni anche l’interpretazione e lo stile del corpo di ballo maschile, mentre non si può dire lo stesso di quello femminile, troppo legato allo stile del classico, anziché a quello di carattere come invece era richiesto da questo tipo di danza.
Qualche perplessità resta sulla riduzione del balletto che speriamo di rivedere per intero, magari in Arena nelle prossime stagioni: i passaggi tra una scena e l’altra infatti risultavano talvolta troppo bruschi e di non immediata comprensione e anche alcuni brani musicali sono stati aggiustati con troppa facilità.
Sonia Baccinelli 28/02/2002