Abito nero in pizzo. Movenze da femme fatale. Presenza scenica a tratti raffinata, a tratti aggressiva. In perfetto stile francese...
Abito nero in pizzo. Movenze da femme fatale. Presenza scenica a tratti raffinata, a tratti aggressiva. In perfetto stile francese. Così si è presentata al pubblico del Teatro Romano di Verona la biondissima Anne Ducros, una tra le più affermate, oltre che premiate, cantanti jazz del panorama europeo.
Ad emergere durante l’esibizione è stata soprattutto la straordinaria tecnica con la quale sa rendere la voce un perfetto strumento improvvisativo.
Particolarmente seducente è stata l’interpretazione dei brani contenuti in “Piano Piano”, album in cui si coglie un azzeccato allontanamento dal jazz puro in favore di melodie sensibilmente diverse.
Affiancata da validissimi musicisti, Anne Ducros ha indubbiamente incantato tutti gli spettatori della serata, compresi quelli che possiedono un “palato” particolarmente fine, soprattutto nel momento del suo strepitoso scat “a cappella” che, unitamente ad una meravigliosa interpretazione di “Les feuilles mortes”, ha fatto dimenticare il caldo insopportabile da cui il teatro è stato avvolto durante l’intera serata.
Seconda parte della serata dedicata ad un attesissimo Kenny Barron accompagnato da Kiyoshi Kitagawa e Victor Lewis.
Il pianista di Philadelphia, riconosciuto sulla scena internazionale del jazz come uno dei migliori virtuosi dello strumento, autore ed arrangiatore di pezzi memorabili, ha aperto il proprio set con brano di cui è autore “And then again”. Ritmo, un eccitante fraseggio con i componenti del suo trio, Barron ha subito lasciato intendere che anche i palati più fini sarebbero stati soddisfatti della serata.
E così è stato. Coinvolgente, caldo ed emozionante il brano “Lallaby” di cui è autore. Un pezzo assolutamente da reperire ed ascoltare, ascoltare e ascoltare ancora.
Ma le sorprese non sono finite. Special Guest è stato Barry Harris. Il 76enne pianista torna sul palco del Verona Jazz dopo la performance del 2004.
Harris e Barron si siedono a due pianoforti, e comincia una magia chiamata “embraceable you” di G. Gershwin. La intensità della esecuzione, la divertita improvvisazione nella parte finale del pezzo, la capacità di dare colore ad ogni nota esplodono in un applauso tra i più calorosi sentiti in queste serate di grande Jazz.
Ma il “maestro” Harris, forse poco noto al grande pubblico benché considerato il più richiesto insegnante jazz, non ha dimenticato la sua attività di formazione ed ha invitato a raggiungerlo sul palco due giovani talenti, Pasquale e Luigi Grosso, il primo al sax e il secondo alla chitarra elettrica.
Questi giovani ma già esperti artisti, erano stati presentati in occasione della esibizione di Harris nel 2004, come i migliori talenti da lui mai conosciuti. Impressionarono allora, ed hanno ribadito il loro talento, reso solido dalla tecnica acquisita. Una certezza per il panorama Jazz italiano.
Guido Paratico Donata Luani