"Fresca". "Frizzante". "Spigliata". "Euforica". Questi sono gli aggettivi che meglio si addicono alla prima parte della serata, d...
"Fresca". "Frizzante". "Spigliata". "Euforica". Questi sono gli aggettivi
che meglio si addicono alla prima parte della serata, durante la quale il
sempreverde Lino Patruno, nel ripercorre la straordinaria carriera del chitarrista
e banjoista chicagoano Eddie Condon, ha saputo tradurre con indiscutibile
maestria e reinterpretare con grande fedeltà l'amore che il musicista americano
nutriva per le "jam session" e per gli spazi concessi alle esposizioni solistiche
di ampio respiro.
I famosissimi brani che hanno colorato il "Lino Patruno jazz Show"(tra cui,
giova ricordare, "China Boy", "Shine" e "Body and soul") sono stati, infatti,
contraddistinti da un susseguirsi incalzante e gioioso di interventi solistici,
nel corso dei quali sono spiccati il talento effervescente del giovanissimo
pianista Paolo Alderighi e la strordinaria morbidezza delle linee partorite
dal trombone dell'eccellente Michael Sputnick.
Non particolarmente esaltanti le performances rese dalle corde vocali di
Joy Garrison e Clive Riche ai quali, però, va riconosciuta la contagiosa
simpatia e la grande versatilità nella reinterpretazione dei più classici
e noti capolavori del jazz tradizionale.
Melodie di gran lunga più raffinate e suadenti sono quelle che hanno accompagnato
l'esibizione di Charlie Mariano il quale, evidentemente ispiratosi al progetto
rivoluzionario di Charlie Parker consistito nell'affiancare la figura del
sax contralto ad un'orchestra d'archi, ha saputo confermare la già nota
straordinaria liricità delle proprie esposizioni, gradevolmente accompagnate
dalla morbidezza e dalla delicata originalità degli arrangiamenti di Andrea
Sorgini splendidamente riprodotti dall'Orchestra da Camera Città di Verona.
L'esibizione di Mariano, oltre ad avere chiuso in bellezza una serata nata
all'insegna di note emozionanti, sfavillanti e piacevolmente colorate, ha
consentito agli sparuti ma attenti e partecipi spettatori di ricordare con
orgoglio le origini "italiche" di quello che, a onor del vero, viene definito
dalla critica internazionale come uno tra i più grandi e appassionanti sassofonisti
esistenti al mondo.
Donata Luani 20/06/05