Recensioni - Cultura e musica

Verona: Grande musica, siamo inglesi

A distanza di pochi giorni l’Academy of St. Martin in the fields e l’orchestra Philharmonia di Londra si sono avvicendate sul palcoscenico del Teatro Filarmonico

Una curiosa coincidenza ha voluto che, durante la settimana in cui tutti gli occhi del mondo erano rivolti al Regno Unito per la scomparsa della Regina Elisabetta II, Verona abbia ospitato due tra le più importanti orchestre inglesi in occasione della XXXI edizione del Settembre dell’Accademia Filarmonica.

Il primo appuntamento, lunedì 12 settembre, ha visto protagonista l’Academy of St. Martin in the Fields in un programma che incastonava il Concerto per violino e orchestra di Pëtr Il’ic Čajkovskij in un doppio Beethoven: Ouverture Egmont e Settima sinfonia.
Joshua Bell, direttore musicale della formazione, si presentava nel doppio ruolo di solista e concertatore, pur rinunciando al podio nelle due partiture beethoveniane e sedendosi in orchestra come violino di spalla.
Il programma è stato aperto da un’Ouverture Egmont rapinosa nei tempi e smagliante nella nitidezza del suono che, nella sua compattezza, rievocava l’eroismo dell’eroe goethiano. Ottima la prova degli ottoni, corni in primis e degli archi, nonostante nei forti abbia avuto la sensazione che tendessero a coprire un po’ i fiati. Fulcro della serata è stata però un’irripetibile esecuzione del Concerto in re maggiore per violino e orchestra di Čajkovskij nella quale il Bell violinista, senza voler nulla togliere al Bell direttore, ha dato prova di essere un autentico fuoriclasse. Straordinario l’equilibrio tra solista e orchestra, quasi si trattasse di un corpo unico che respirava e pulsava all’unisono in un perfetto equilibrio tra virtuosismo e lirismo al punto che al termine del primo movimento il pubblico ha sentito l’irrefrenabile impulso di sciogliersi in un applauso “fuori tempo”.
Conclusasi la prima parte con un bis di Nigel Hess tratto dalla colonna sonora del film Ladies in Lavender, brano amato dalla Regina Elisabetta ed a lei dedicato, la seconda parte è stata caratterizzata da una brillante esecuzione della Settima di Beethoven, in cui l’elemento dionisiaco ha lasciato ampio spazio -forse un po’ troppo, ma è questione di gusti- a quello apollineo. Una lettura di grande coerenza, trascinante e coinvolgente che ha messo in luce le eccellenti qualità di un’orchestra in stato di grazia salutata da applausi entusiasti.

  La settimana londinese dell’Accademia Filarmonica è proseguita giovedì 15 con la Philharmonia Orchestra accompagnata dal suo attuale direttore musicale Santtu-Matias Rouvali, in un programma più desueto rispetto al precedente, che comprendeva musiche di Sergej Sergeevič Prokof’ev e Jean Sibelius, precedute da un’esecuzione dell’inno nazionale inglese come inevitabile omaggio alla Regina scomparsa.
Scritto nel 1935, pochi anni dopo il suo rientro definitivo in Unione Sovietica, il secondo concerto per violino e orchestra nasce in un momento estremamente fervido della produzione di Prokof’ev che coincide con la composizione di partiture diventate celeberrime quali Pierino e il lupo e Romeo e Giulietta. La marcata componente lirica, che emerge soprattutto nel secondo movimento, si fonde con sonorità più moderne, a tratti cupe e malinconiche, entrambe ottimamente rese dalla violinista giapponese Sayaka Shoji. Ad un primo tempo estremamente sorvegliato hanno fatto seguito un “Andante assai” di grande trasporto e dal suono pieno e corposo,  che ha visto spiccare i magnifici legni ed un finale incisivo.
Quando nel 1902 Sibelius compose la sua seconda sinfonia, la Finlandia erano ancora sotto il dominio russo, ma già erano presenti quelle istanze nazionaliste che portarono all’indipendenza definitiva nel 1917. Nonostante non fosse mai stato espressamente indicato dalla dall’autore, questa sinfonia, per il carattere eroico e positivo soprattutto del primo e dell’ultimo movimento, è stata fin da subito interpretata come un inno al patriottismo, anche se in realtà nelle intenzioni di Sibelius si trattava di musica pura, totalmente astratta. Il Finlandese Rouvali, che evidentemente queste melodie le ha nel sangue, ne ha dato una lettura luminosa, smagliante, perfettamente assecondata da un’orchestra impeccabile. Al gesto preciso e asciutto del giovane direttore ha corrisposto un suono rigoglioso, in cui i singoli piani sonori erano perfettamente delineati e le varie componenti dell’orchestra hanno dato prova di un’intesa pressoché perfetta -straordinari gli archi e gli ottoni-. Un’interpretazione trascinante ed applauditissima.

Good save english musicians.