Recensioni - Cultura e musica

Verona: La Traviata di Vick indaga sul mito di Diana

Un’ottima edizione di Traviata svecchia finalmente le scelte un po’ troppo polverose effettuate dall’ente Arena negli ultimi anni ...

Un’ottima edizione di Traviata svecchia finalmente le scelte un po’ troppo polverose effettuate dall’ente Arena negli ultimi anni presentandoci il moderno e accattivante allestimento del regista inglese Graham Vick .

Vick sceglie di indagare il mito attraverso Traviata e scomoda per questo l’immaginario popolare portando la storia negli ultimi anni del secolo scorso e rimandando alla tragedia della morte di lady Diana del Galles che aveva suscitato grandissimo scalpore ed emozione. Vick utilizza un’idea non nuova e fa partire l’opera durante l’overture, a tragedia conclusa, quando su un grande tappeto di fiori alcuni ammiratori portano appunto omaggi floreali alla tomba di Violetta. Più che in questo la grande novità di Vick sta nell’alludere saggiamente al voyeurismo che ha circondato l’evento di Lady Diana e a quanto questo abbia fatto sì che lo stesso passasse velocemente nel dimenticatoio della cronaca rosa. Il coro infatti irrompe dalla platea sventolando convulsamente il proprio biglietto per assistere ad una tragedia annunciata e si siede comodamente ai lati del palcoscenico per non più rialzarsi. Violetta così diventa l’archetipo della voglia scandalistica del nostro tempo e si dibatte in un mondo di glamour e moda sfacciata mentre altri la guardano. L’intuizione è più che mai pertinente poiché l’opera stessa presuppone per insita struttura la conoscenza del soggetto e pertanto la prevedibilità dell’azione, ma se nei buoni intenti questo dovrebbe portare alla reiterazione di un emozione pura, in realtà nei suggerimenti di Vick anche l’emozione deve essere condita sempre di nuovi look semplicemente per continuare ad essere vista.

In linea con questa concezione scene e costumi di Paul Brown che ben rendono una gioventù anni ottanta al culmine della sua ricchezza e ostentazione, insieme ad un certo gusto molto inglese dell’epoca per l’eccesso e l’ambiguo. Splendida la scena finale del secondo atto con un ventaglio di carte che si apre a ricordare un moderno tempio del gioco d’azzardo. Divertente anche se forse un po’ scontata la bambola gigante che irrompe nel primo atto a ricordare come la Violetta di Vick sia assimilata alla “donna perfetta”, alla bambola dei nostri sogni solo molto commerciale, in fondo anche di poco valore, una bambola che quando si rompe si butta. Non c’è infatti ricordo in questa Traviata, tutto è ostentazione, Alfredo è frivolo, esagerato e quasi odioso, Giorgio Germont è solamente attento al suo profitto, mentre Violetta sembra non rendersi conto che passata l’ostentazione non rimarrà nulla nemmeno dei suoi fiori colorati.

La regia segue con dovizia di particolari la linea scelta e, anche se non sempre assecondata a perfezione dalla recitazione dei cantanti, disegna personaggi che sembrano usciti da una soap dei nostri giorni con tutti gli stilemi e gli stereotipi che forgiavano e forgiano le nostre classi giovanili.

Dal punto di vista canoro il cast si difende bene e cerca di seguire al meglio le linee della regia. Violetta Valery era Inva Mula dalla voce sicura e timbrata soprattutto nelle parti liriche anche se un po’ in affanno nei passaggi più impervi del primo atto. Alfredo era Giuseppe Sabbatini, splendida voce anche se non grandissima per l’arena, interprete attento anche se distaccato, impressione che invero ci conferma ad ogni nuovo ascolto, forse calarsi di più nei personaggi, rischiare qualcosa anche emotivamente potrebbe dargli quella marcia in più che lo avvicinerebbe ad un vero fuori classe. Ambrogio Maestri sfoggia gran voce come Giorgio Germont e sentirlo in Arena è un vero piacere per come riesce a riempire l’anfiteatro, ma come attore e interprete è abbastanza approssimativo non curandosi più di tanto dell’ambiente che lo circonda ma soprattutto cantando senza usare le corde dell’anima. Discreto il cast dei comprimari su cui spicca l’Annina di Elena Riem unica che ha inteso fino in fondo le indicazioni registiche creando una cameriera sfrontata e sfacciata a servizio più per forza che per devozione. Daniele Callegari ha diretto onestamente l’orchestra dell’Arena di Verona anche se con molte lentezze. Buon successo finale per tutti gli interpreti.

R. Malesci
(12 Agosto 2004)