Bartók e Mahler nel programma del concerto della Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin che ha inaugurato il Settembre dell’Accademia 2022
20 anni separano la nascita di Béla Bartók da quella di Gustav Mahler -ungherese il primo e boemo il secondo- e solo 6 anni separano le due composizioni ascoltate nel concerto di apertura della trentunesima edizione del Settembre dell’Accademia che ha visto protagonista la Rundfunk-Sinfonieorchester Berlin: 1902 per la Quinta sinfonia di Mahler e 1908 per il Concerto per violino e orchestra n.1 di Bartók, che però fu eseguito per la prima volta nel 1958, dopo la morte dell’autore.
Entrambe le composizioni sono accomunate dall’essere state scritte in un periodo di transizione dei rispettivi autori: il Concerto per violino e orchestra risale al periodo in cui lo stile di Bartók stava cominciando a staccarsi dalle influenze tardoromantiche di Brahms e Richard Strauss per indirizzarsi verso uno stile più espressionista, che risentiva delle innovazioni ritmiche ed armoniche dell’epoca, mentre per Mahler la Quinta segna il ritorno alla sinfonia puramente strumentale, che, con l’eccezione dell’Ottava, costituirà la cifra stilistica degli ultimi anni. Altro elemento comune alle due composizioni è la quasi totale assenza di elementi popolari e folkloristici ai quali entrambi i musicisti erano invece molto legati. Se infatti una cospicua parte del catalogo di Bartók è caratterizzato dalla riscoperta dei canti contadini e delle melodie tradizionali ungheresi, che nel concerto per violino sono stati però sacrificati, altrettanto si può dire di Mahler che nei suoi lieder, ma anche in molti movimenti delle sue sinfonie, riprende temi popolari boemi che in questa sinfonia riaffiorano nello Scherzo ma rielaborati con uno stile molto più legato alla musica viennese.
A questo ampio sguardo sulla musica del nord-est dell’Impero Austroungarico il programma proposto da Vladimir Jurovski, direttore musicale della Rundfunk-Sinfonieorchester, ha anteposto un’esecuzione lucida ma allo stesso tempo sensualmente materica -magnifici i violoncelli- del Preludio dal Tristan und Isolde di Richard Wagner, sorta di spartiacque tra il tardo romanticismo e la musica del primo ‘900 che costituiva il fulcro del concerto.
Ha quindi fatto seguito una smagliante edizione del Concerto per violino di Bartók che ha visto nel ruolo di solista una straordinaria Vilde Frang, in grado di cogliere con grande efficacia sia la componente più intimista che quella più virtuosistica di questa pagina.
La seconda parte è invece stata interamente occupata dalla monumentale “Quinta” mahleriana, di cui Jurovski ha dato una lettura molto sorvegliata, attenta al dettaglio ma senza rinunciare ad un suono pieno e corposo, complice un’orchestra in forma smagliante in tutte le sue componenti, archi e legni in primis. Curiosa la scelta del direttore russo di sottolineare in modo netto i due intervalli che separano le tre parti sedendosi in raccoglimento per qualche minuto sul podio.
Entusiasta al termine la risposta del pubblico che quasi esauriva il Teatro Filarmonico anche se, come è giusto che sia dopo questa sinfonia, non è stato concesso nessun bis.