Recensioni - Cultura e musica

Verona: Uno Schubert storicamente informato conclude il Settembre dell’Accademia

Le ultime due sinfonie nell’interpretazione di Jordi Savall al Teatro Filarmonico

L’ultimo concerto del Settembre dell’Accademia 2022 ha visto in locandina un abbinamento inusuale, ovvero la musica di Franz Schubert e la direzione di Jordi Savall alla testa de Le concert des nations.
Il grande pubblico conosce infatti Savall per le sue interpretazioni di musica barocca e rinascimentale, mentre più rare sono le sue incursioni nel repertorio classico o addirittura romantico. Tuttavia, come ogni grande artista, Savall alterna l’attività concertistica a quella di didatta, ed infatti la tournée che tra le varie tappe ha toccato anche Verona e che in programma aveva le ultime due sinfonie di Schubert ovvero l’Incompiuta e la Grande era frutto di un’accademia tenuta con giovani musicisti. Giovani musicisti che costituivano il 50% dell’orchestra, affiancati dai membri storici de Le concert des nations. Un progetto formativo che dopo il Beethoven di qualche anno fa e lo Schubert attuale si è spinto ancora più avanti in direzione del repertorio romantico con il Mendelssohn della sinfonia Italiana che andrà in tournée l’anno prossimo.

Composta nel 1822 ma eseguita per la prima volta solo nel 1865 -Schubert non ascoltò mai dal vivo nessuna delle sue sinfonie, che furono tutte eseguite postume- l’Incompiuta si differenzia in maniera notevole dalle sinfonie precedenti, segnando un passo importante verso un linguaggio più maturo ed autonomo del sinfonismo schubertiano. Se il primo movimento spicca sia per la novità dei temi che per lo stile con cui vengono sviluppati, il secondo, basato sulla struttura del Lied, forma che Schubert conosceva assai bene, è intriso di struggente malinconia. Purtroppo il terzo movimento, di cui esistono solo 128 battute, venne abbandonato in favore della Wanderer-Fantasie e mai più ripreso.
Tutto quanto viene introdotto nell’Incompiuta trova pieno sviluppo nella Grande, a partire tema lento dell’introduzione, che trova pieno sviluppo nel corso nel primo movimento, al lirico Adagio fino al potentissimo e catartico finale che si stacca completamente dalle forme più rigide e scolastiche delle sinfonie giovanili.

Di queste due pagine Savall ha fornito una lettura “storicamente informata” con strumenti d’epoca, che si è tradotta in sonorità più asciutte, meno morbide rispetto a quelle cui si è cui si è normalmente abituati durante un ascolto schubertiano.  L’assenza del vibrato negli archi non si è comunque tradotta in un impoverimento delle dinamiche che, anzi, hanno contribuito ad una lettura ricca di espressività e mai arida. Nel complesso pregevole anche la prova dei fiati -da rimarcare l’intonazione dei corni privi di pistoni- nonostante qualche incertezza nei legni ed un suono inevitabilmente più secco.
Savall ha diretto con gesto misurato staccando tempi a volte sostenuti che hanno caratterizzato, soprattutto per la Grande, un’interpretazione di grande vitalità.
Come sempre calorosa la risposta del pubblico che riempiva il Teatro Filarmonico a conclusione dell’ennesima felice edizione del Settembre dell’Accademia.