
Šostakovič, Beethoven e Chopin nel programma offerto dalla London Symphony Orchestra in apertura di rassegna
Due sinfonie, per molti versi antitetiche, ovvero la nona di Dmitrij Šostakovič e la quinta di Ludwig van Beethoven, inframmezzate dal secondo concerto per pianoforte di Fryderyk Chopin, nell’esecuzione della London Symphony Orchestra diretta da Antonio Pappano, hanno inaugurato al Teatro Filarmonico di Verona la XXXIV edizione del Settembre dell’Accademia.
Ultimata nel 1945, la nona sinfonia di Šostakovič avrebbe dovuto originariamente costituire il terzo pannello del trittico delle cosiddette “Sinfonie di guerra” insieme alla settima e all’ottava, e celebrare la vittoria dell’Unione Sovietica sul nemico dopo aver precedentemente descritto gli orrori del conflitto e l’eroica resistenza del popolo sovietico. Tuttavia dopo aver iniziato a lavorarci nel gennaio del ’45, l’autore ne modificò completamente l’impianto, elaborando una partitura che si staccava completamente dal patriottismo bellicista che aveva caratterizzato i due lavori precedenti ed optando per un linguaggio ironico, nel quale convivono sia la componente brillante che quella drammatica, ma filtrati in chiave umoristica. Esattamente quanto di più lontano dalle aspettative del Partito che, aspettandosi invece una pagina intrisa di retorica magniloquenza, la criticò regativamente. Affascinante l’esecuzione offerta dalla London Symphony Orchestra che ha dato sfoggio della sua versatilità e ricchezza di timbri (eccellenti gli interventi solistici dell’ottavino e del fagotto), assecondando la lettura di Pappano, cartesianamente impeccabile ma allo stesso tempo profonda nello scavo e nella resa delle intenzioni dell’autore.
Di tutt’altra natura il secondo brano in programma, ovvero il Concerto per pianoforte e orchestra n.2 di Chopin, nella poetica ed a tratti quasi evanescente interpretazione di Seon-Jin Cho. Il pianista coreano, che ha sempre mostrato una particolare predilezione nei confronti del musicista polacco, ha dato della partitura una lettura molto personale nella scelta dei tempi e delle dinamiche, raggiungendo il vertice nel secondo movimento nel quale la raffinatezza del suo tocco ha fatto sgorgare sonorità liquide ed impalpabili di straordinario lirismo. Perfetto il tappeto sonoro steso dall’orchestra a supporto di tanta meraviglia in tutti e tre i movimenti. Immancabili al termine le richieste di bis rivolte a Seon-Jin Cho, soddisfatte dall’esecuzione del Valzer op.64 n.1 sempre di Chopin.
Nella seconda parte è tornata al Filarmonico la Quinta Sinfonia di Beethoven nell’interpretazione di Pappano, già ascoltata in questo teatro nel 2013, sempre in occasione del Settembre dell’Accademia, ma allora con l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia. Quello di Pappano è un Beethoven antiretorico, dinamico nel fraseggio, sempre attento alle dinamiche che però non vengono mai portate all’estremo alla ricerca dell’effetto o comunque dell’originalità fine a sé stessa in una pagina che, oltre ad essere una delle più inflazionate del repertorio sinfonico è anche una di quelle su cui si sono stratificate più ipotesi sul suo significato. Con Pappano, il destino non bussa alla porta, ma la partitura si dipana in modo lineare, senza strappi fino al liberatorio finale accolto da ripetute ovazioni.
Prima del congedo un bis classico, di stampo squisitamente british: la variazione Nimrod dalle Enigma Variations di Elgar.