Recensioni - Cultura e musica

VeronaJazz: un evento pieno di eleganza ed energia

Ieri sera è terminato il festival del VeronaJazz 2002.Tirando le somme di queste serate che hanno carattrizzato la manifestazione...

Ieri sera è terminato il festival del VeronaJazz 2002.Tirando le somme di queste serate che hanno carattrizzato la manifestazione si puo’ dire che è stato un successo, sia per la gente accorsa agli spettacoli, sia per il programma proposto, che a parte qualche piega è stato bello per la sua varietà.

Dafnis Prieto, talento drummer cubano, ha aperto martedì sera il concerto che avrebbe poi visto sul palco il mito vivente di Wayne Shorter.Accompagnato dalla sua band;il trombettista Brian Lynch, il sassofonista Yosvany Terry, il pianista Edzel Gomez e il bassista acustico Hans Glawischnig, il giovane batterista ha regalato una scarica d’energia al numeroso pubblico presente.Virtuoso percussionista, Dafnis Prieto, ha saputo trasportare emotivamente la gente a tal punto da dare la sensazione di essere ora nei jazz club di New York, ora nei locali notturni dell’Havana ed infine nelle strade di Rio de Janeiro.Con un’ottima band al seguito, sempre pronta ha saltare dalle atmosfere grigie della grande mela alle rumbe solari caraibiche. Grande prestazione del trobettista e del sassofonista, che con continui interplay, misuravano il tempo con gli spartiti di Dafnis Prieto.

La seconda parte della serata si è svolta all’insegna del mito Wayne Shorter.Con una band al suo seguito da far invidia a qualsiasi grande jazzista, con elementi di fama mondiale come:John Patitucci al basso, Danilo Perez al piano e Brian Blade alla batteria, il sassofonista di colore ha diluito le sacre note del suo jazz in modo unico e fenomenale.Un’ora e un quarto di concerto, dove Shorter ha sapientemente suonato sul tappeto dell’eleganza, facendo gustare i silenzi del grande batterista Brian Blade, coccolando l’armonia con il geniale pianista Danilo Perez e ovattando le note sui giri di accordi dell’impeccabile contabbassista John Patitucci. Un grande concerto, molto colto e forse per questo un po’ meno emozionale del previsto ma sempre geniale.

Mercoledì sera è stata la serata meno fortunata della rassegna jazz di Verona.Non hanno molto convinto le due band in programma.

La prima parte della serata, dedicata alla splendida voce di Billie Holiday, ha avuto non molto successo.Daniela Fantoni e la sua band:Giannantonio Bresciani alla tromba, Carlo Atti al sax tenore, Claudio Sebastio al piano, Luca Boscagin alla chitarra, Lorenzo Conte al contrabbasso e Francesco Casale alla batteria.La cantante ha tentato in modo a volte non del tutto appropriato di rendere omaggio alla nera del jazz.Musicisti non sempre ben sincronizzati, batteria multipoliedrica che a volte era fuori luogo, un arrangiamento per tromba non dei troppo felici e due poesie recitate bene ma non facenti parte del contesto in cui erano lette, ha caratterizzato l’esibizione di questo gruppo.Note positive invece vanno al sapiente Carlo Atti che ha saputo recuperare con dei begli assoli un concerto modesto, e il chitarrista Luca Boscagin che diligentemente ha seguito con classe i vari interplay della serata.

La seconda parte della serata ha visto entrare in scena il tentetto di Peter Brotzmann.La formazione:Roy Campbell alla tromba e trombone, Jeb Bishop al trombone, Peter Brotzmann al sax tenore e clarinetto, Ken Vandermark al sax tenore,clarinetto, Mats Gustafsson al sax baritono, Mars Williams al sax soprano,contralto,tenore e clarinetto,Fred Lonberg-Holm al violoncello, Kent Kessler al Contrabbasso, Hamid Drake e Michael Zerang alla batteria e percussioni. Una esibizione ai confini col rumore, dove il primo brano firmato da Williams ha veramente entusiasmato.Bravissimi musicisti, che hanno messo a dura prova il poco pubblico rimasto ad ascoltarli, ma che hanno esageratamente varcato il confine tra l’opera d’arte e il rumore esibizionista e provocatorio.

L’ultima sera è stato un omaggio alla West Coast.Iniziata con il Pacific Quartet di Enrico Rava, che ha voluto ricordare il grande Chet Baker .Brani come “Funny Valentine,”I Remember April”, Happyness Is” o “Five Brothers”, ha suonato sempre con la sua eleganza e il suo introverso e istintivo stile.Accompagnato da Frabizio Sferra alla batteria, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Maurizio Gianmarco al sax tenore e soprano, Il trombettista ha ripercorso le strade già battute dai grandi Gerry Mullighan, Lester Young, Art Pepper riproponendo il repertorio del West Coat con quella freschezza e quella elasticità tipiche di Rava.

Subito dopo c’è stato l’evento del VeronaJazz, ossia la prima data mondiale della West Coast All Stars Big Band che hanno regalato al pubblico quelle emozioni che regalavano un tempo quando erano più giovani suonando con i grandi nomi del jazz.

Dal grande Bill Perkins che anche se faceva fatica a tenersi in piedi, beh, quando toccava il sax tenore sapeva ancora suonarlo come un ragazzino, o Teddy Edwards, altro tenorsax, ultimo grande sax dell’era bop con Sonny Rollins, il batterista Joe La Barbera, che è stato drummer di Bill Evans, sono solo alcune note di una band incredibile. Nonostante l’età avanzata di questi vecchi ragazzi, gli arrangiamenti sono stati ottimi, e la prestazione di tutta la band incredibilmente bella.

Brani come “I’ve Got You Under My Skin” di Sinatra, o “Yesterdays” di Jerome Kern, o ancora “Hoe Down” di Oliver Nelson,fino alla bellissima “Stella By Starlight”hanno dato forma sinuosa e giovanile a questa memorabile serata.

28/06/02
Francesco Olivieri