Recensioni - Cultura e musica

Viennesi a confronto

Schubert e Webern nel programma proposto dalla Mahler Chamber Orchestra diretta da Daniele Gatti al Ponchielli

Presenza ricorrente al Teatro Ponchielli, anche quest’anno la Mahler Chamber Orchestra, guidata da Daniele si è esibita a conclusione della stagione concertistica con un concerto dedicato a Schubert e Webern.
Appartenenti alle cosiddette “prima” e “seconda” scuola di Vienna i due compositori sono stati affiancati in una selezione di brani che nella prima parte ha presentato due lavori giovanili mentre nella seconda opere più mature e meglio definite nello stile.


Il concerto si è aperto con la Sinfonia numero 3 di Franz Schubert, una partitura che risente ancora molto delle influenze haydniane e mozartiane, e che lo stesso Schubert considerava come un esercizio, al pari di tutti i suoi primi lavori sinfonici. Gatti ne ha dato una lettura prudente ma accurata, attenta agli accenti espressivi, limitando il gesto a pochi accenni, finalizzati ad imprimere all’orchestra i giusti colori.

Molto interessante l’accostamento con la versione per archi del “Langsamer satz”, prima opera di rilievo nel panorama compositivo di Anton Webern. Questo lavoro, pur non ancora esente dal romanticismo di matrice brahmsiana, risente già delle influenze atonali di Schöenberg, e Gatti, complice l’eccellente livello degli archi della Mahler è riuscito a mantenere in equilibrio le due componenti offrendone un’interpretazione interiorizzata e di ampio respiro.

Di tutt’altro stile i Fünf Sätze op. 5 che hanno aperto la seconda parte, partiture -le uniche non dirette a memoria da Gatti- in cui Webern getta le basi del suo stile aforistico che caratterizzerà buona parte del suo percorso compositivo. Cinque schizzi musicali, che si alternano tra tempi lenti ed agitati, dalla durata di poco superiore al minuto, ma che costituiscono un importante banco di prova per saggiare le caratteristiche di un’orchestra. Prova  che la Mahler ha brillantemente superato mostrando duttilità e capacità nel gestire il sottile gioco di equilibri che differenzia i singoli brani.

Più matura della terza, ma senza raggiungere i livelli dell’”Incompiuta” e della “Grande”, la sesta sinfonia di Schubert, ovvero ”La piccola” ha chiuso il programma della serata.
Anche in questo caso Gatti ha permesso all’orchestra di entrare nel più complesso ordito compositivo non perdendo mai in chiarezza e luminosità, giocando su trasparenze e variazioni timbriche in un’interpretazione  di grande spessore.
Calorosa come sempre la risposta del Ponchielli che ha apprezzato un programma tanto originale quanto raffinato.

Davide Cornacchione 21 aprile 2017