Recensioni - Cultura e musica

Zeffirelli porta Don Giovanni all’Arena

Opera sulla carta quanto mai inadeguata alle rappresentazioni all’aperto (volendo restare sempre su Mozart uno Zauberflöte sarebbe stato sicuramente più adatto), questo Don Giovanni, fortemente voluto dal regista Franco Zeffirelli, si è rivelato invece scelta decisamente interessante soprattutto dal punto di vista musicale, grazie allo schieramento di un cast di prim’ordine.
Ildebrando D’Arcangelo è sicuramente un Don Giovanni di riferimento: voce piena, corposa, perfetta nell’emissione e ricchissima di sfumature sia nel canto che nel recitativo. Ogni sillaba, sapientemente cesellata, ha contribuito a rendere il suo “Burlador di Siviglia” un personaggio a tutto tondo e di grande presenza sulla scena.
Altrettanto efficace la prova del giovane Marco Vinco che, dopo aver rivestito il ruolo del titolo nel 2006 al Filarmonico, è tornato a Verona nei panni di Leporello. I pregi ed i limiti del cantante sembrano gli stessi riscontrati nella presente occasione: grande musicalità ed ottima adesione al personaggio, ridimensionate però da un timbro un po' chiaro che, in quest’occasione, lo ha costretto ad alcune forzature per potersi meglio adattare allo spazio areniano.
Di eccellente livello anche la prova di Saimir Pirgu nei panni di Don Ottavio che, contrariamente a quei tenorini di grazia che solitamente interpretano questo ruolo, ha esibito un timbro più lirico ed al contempo più virile. Entrambe le sue arie (in particolare “Dalla sua pace”) sono state veri e propri capolavori.
Funzionali le prove di Vincenzo Taormina (Masetto) e Gudjon Oskarsson (il Commendatore).
Sul versante femminile si è particolarmente distinta la Donna Elvira di Carmen Giannattasio, sicura nell’emissione e disinvolta sulla scena, mentre la Donna Anna di Anna Samuil, pur dotata di una buona sezione centrale ha mostrato qualche appannamento nel settore acuto. Acidula e poco musicale la Zerlina di Christel Lötzsch.
Sul podio Daniel Oren, che in altre occasioni abbiamo apprezzato come direttore di autori di repertorio quali Verdi, Puccini, Donizetti, in quest’occasione ha rivelato quanto Mozart sia invece lontano dalle sue corde. Il suo Don Giovanni è lento e morchioso, la narrazione è stiracchiata e non decolla mai ed anche il rapporto buca-palcoscenico non è perfettamente a fuoco, al punto che in qualche concertato è capitato  che  ognuno andasse per conto proprio.
Dal punto di vista della messinscena la prima impressione, che poi si è rivelata come il filo conduttore della serata, è stata che in questo spettacolo lo Zeffirelli  scenografo si fosse completamente mangiato lo Zeffirelli regista. Se infatti il colpo d’occhio quando si accendevano le luci (curatissime di Paolo Mazzon) dopo ogni cambio scena era mozzafiato, per la ricchezza di colori e per la varietà di situazioni che si venivano a creare pur all’interno di una scena sostanzialmente fissa, la regia (intesa come il “che cosa fare e perché”) era pressoché inesistente.
Da una parte infatti le innumerevoli comparse, che pur si muovevano in modo appropriato, avevano una funzione esclusivamente decorativa, dall’altra i protagonisti si limitavano ad entrare e uscire di scena ricalcando una serie di stereotipi riconducibili ad un modo di fare teatro cristallizzato a svariati decenni fa.
Non un’idea nuova o che fosse in grado di sorprendere. La stessa scena della morte di Don Giovanni è stata risolta in modo abbastanza convenzionale, rinunciando a qualsiasi spettacolarità.  Tra gli episodi curiosi ne va segnalato uno provocato dall’ormai risaputo “horror vacui” zeffirelliano, che si manifesta riempiendo di comparse ogni situazione: non si è capito infatti perché Leporello dovesse meravigliarsi del fatto che al suo padrone sembrasse di “sentire odor di femmina” poco prima dell’arrivo di Donna Elvira quando di donne sul palcoscenico in quel momento ce ne era almeno una dozzina.
Un’ultima segnalazione di merito va fatta ai bellissimi e sgargianti costumi di Maurizio Millenotti che però da lontano sembravano più richiamarsi alla tradizione del sud Italia che a quella spagnola, al punto che in qualche occasione avrei quasi potuto pensare di assistere ad un lavoro di Paisiello, se non fosse stato per la sagoma della Torre Giralda sullo sfondo che mi riportava prontamente a Siviglia.
Il pubblico, che occupava circa la metà dei posti disponibili, pur gradendo il risultato complessivo ha dimostrato di non essere abituato a spettacoli così lunghi. La scelta di non tagliare assolutamente nulla della partitura (tranne il breve recitativo di Donna Elvira dopo l’aria del catalogo) e i lunghi cambi scena che spezzavano fastidiosamente il ritmo dell’azione, hanno fatto risuonare gli accordi finali all’una meno un quarto e questo si è tradotto in un progressivo abbandono della platea nel corso di tutto il secondo atto. Nonostante questo gli applausi finali sono stati meritatamente calorosi e convinti per tutti.

Davide Cornacchione 6 luglio 2012

 


All’interno della routine che ormai da parecchi anni caratterizza la programmazione dell’Arena di Verona, costantemente incentrata su una manciata di titoli del grande repertorio, si è aperta una nuova breccia dopo il convincente Roméo et Juliette dello scorso anno, infatti la stagione 2012 è stata inaugurata dal Don Giovanni di Mozart.