Recensioni - Teatro

A Brescia Fantasmi fra Pirandello e Franco Scaldati

Un confronto drammaturgico fra due Sicialiani di epoche diverse

Fantasmi è il titolo dello spettacolo in scena a Brescia al teatro Mina Mezzadri fino al 3 dicembre.

Drammaturgia, regia e interpretazione dei ruoli principali di Enzo Vetrano e Stefano Randisi. A Margherita Smedilde è affidata la narrazione della novella “Lo sgombero”, già scritta in forma di monologo teatrale e in prima persona. Il teatro è pieno di studenti (scolaresche convenzionate) e pochi altri spettatori.

I testi di Pirandello e Scaldati sono fusi in una drammaturgia originale. I temi di raccordo drammaturgico sono principalmente legati alla riflessione sulla transitorietà della vita di fronte all’eminente atto conclusivo della morte.

I fantasmi sono i segreti che ognuno s’è costruito adattandosi alla morale comune, o nascondendosi in un personale codice morale. Ma sono anche due scanzonati folli sui binari (Totò e Vincè), sospesi tra vita e morte, in un ambiguo gioco letterario di cui non si svela l’esito finale. La drammaturgia resta sospesa: non si capisce se la morte se li sia presi o li abbia respinti, come i protagonisti raccontano in una strampalata rilettura dei fatti.

Per Totò e Vincè non è importante il loro “stato”, ma il trionfo del valore dell’amicizia.

L’attualità dei temi pirandelliani arriva al pubblico con chiarezza, così pure la riflessione sulla maturità, sugli errori e sui ripensamenti che il vivere ci mette inevitabilmente di fronte.

Il messaggio universale della poetica di Pirandello, condiviso dai registi, è esposto nitidamente. Bravi gli interpreti, che regalano al pubblico alcuni momenti particolarmente intensi.

Nell’insieme la messa in scena risulta, a mio avviso, troppo lenta: più orientata a valorizzare gli attori (molto bravi) che a realizzare un impianto teatrale efficace. La drammaturgia si limita ad un collage di brani. L’intera operazione avviene nel massimo rispetto dei testi originali, se non per qualche alleggerimento linguistico poco rilevante.

L’inserimento di Totò e Vincè di Franco Scaldati, crea tre intervalli fra i due racconti pirandelliani, ammantando il tutto di un tocco surreale e alleggerendo la drammaturgia complessiva. Inoltre il testo di Scaldati aiuta a rendere conclusive le riflessioni sui temi proposti. I riferimenti beckettiani ad “Aspettando Godot” sono evidenti, posti quasi a significare che il linguaggio del teatro moderno debba sempre fare i conti con la destrutturazione del linguaggio narrativo. Così è (se vi pare) ma nell’era della tecnologia: la velocità e i cambi di ritmo sono elementi imprescindibili per arrivare ad una comunicazione fruibile ed efficace.