Recensioni - Teatro

A Cremona - Sorelle - di Pascal Rambert

Il regista e coreografo francese presenta una delle sue ultime creazioni

Come sono i rapporti tra sorelle? Sono sempre dominati da armonia e felicità? Assolutamente no, o perlomeno, questa è la risposta di Pascal Rambert che, con il suo Sorelle, allestisce uno spettacolo che risulta un coacervo di liti, insulti ed urla. Pascal Rambert, autore, regista, scenografo e coreografo, si occupa del testo, della messinscena e dello spazio scenico di Sorelle, uno spettacolo contemporaneo, tradotto in 11 lingue e rivoluzionario, che si distacca dalla tradizionale idea di teatro.

Il palcoscenico, spoglio e privo di quinte, si trasforma in una sala conferenze estremamente semplice con un pavimento bianco, illuminata da luci a neon. La scena, lungo il corso della rappresentazione, viene riempita da una delle interpreti, quasi istericamente, con numerose sedie colorate.

Le protagoniste sono Anna e Sara, due sorelle che altercano per l’intera durata dello spettacolo, presentando al pubblico la loro storia e delineando le dinamiche della loro famiglia. Sara, sorella maggiore e figlia prediletta, lavora per un’ONG che si occupa dell’accoglienza dei migranti. Anna ha sempre cercato di emulare la sorella nelle pose, nelle acconciature, nello sport, ma non nelle sue scelte di vita: la ragazza è sempre stata studiosa, dotata di talento in ambito letterario, tanto da diventare giornalista di successo, ma, nonostante questo, in famiglia, è sempre stata trascurata e considerata inferiore rispetto alla sorella.

Anna e Sara discutono e urlano, urlano e discutono, si insultano e richiamano continuamente alla memoria questioni che, sebbene appartengano al passato, sono tutt’ora irrisolte. Lo scoglio insormontabile che impedisce alle due ragazze di rapportarsi civilmente è rappresentato dalle innumerevoli attenzioni dei genitori riservate unicamente a Sara. È questo il punto focale dell’intera narrazione, dominata da infinite sofferenze che sfociano negli stadi più profondi di una rabbia cresciuta smisuratamente negli anni e ormai impossibile da contenere.

L’ira viene raccontata anche attraverso un utilizzo, quasi ingombrante, di ripetizioni e metafore: il rapporto conflittuale tra le due sorelle viene spesso descritto mediante immagini legate alla criminalità e alla guerra.

La violenza verbale aumenta, i toni si fanno sempre più aspri, la rabbia raggiunge un livello altissimo, il punto dell’inesprimibile e, paradossalmente, si trasforma in una profonda quiete, la quiete prima di una nuova tempesta. Le due donne, infatti, dopo un effimero momento di condivisione, simboleggiato dall’affermazione: “Ti voglio bene anche se ti detesto”, ritornano sul ring: che un nuovo combattimento abbia inizio!

Sara Bertelà e Anna della Rosa interpretano magistralmente gli omonimi personaggi, facendo emergere in modo estremamente naturale contrastanti emozioni e repentini eccessi di rabbia e sofferenza. Nonostante ciò, però, i continui alterchi risultano essere eccessivi e, senza tregua, ad eccezione di un breve istante di riconciliazione. Gli insulti si susseguono senza fine. Il pubblico, forse eccessivamente travolto dalla ripetitività costante di questa conflittualità, finisce per distogliere, talvolta, l’attenzione dal palcoscenico, riflettendo forse sulla propria vita è domandandosi se, effettivamente, le liti familiari abbiamo un senso.

 

Beatrice Poli