Recensioni - Teatro

A Cremona le Regine del teatro Italiano

Giunge a felice conclusione la lunga tournée di Maria Stuarda

Un anno e mezzo di tournée in tutta Italia per la Maria Stuarda di Friederich Schiller, prodotto dal Teatro Nazionale di Genova per la regia di Davide Livermore. Protagoniste le due indiscusse “Regine” del teatro italiano: Laura Marinoni ed Elisabetta Pozzi, citate in rigoroso ordine alfabetico.

Spettacolo iconico questo di Livermore, per certi versi magistrale nella capacità di rendere attuale il testo schilleriano risalente al 1800. Il regista ci riesce grazie ad un sapiente amalgama di musiche dal vivo, che fanno da costante tappeto sonoro; ad una recitazione contemporanea e a un allestimento sobrio e funzionale.

Una performance rodatissima quella vista a Cremona, in cui si percepiva il grande affiatamento di tutto il cast. Il destino sceglie ogni sera chi interpreterà Maria e chi Elisabetta. Una piuma che cade segna la sorte di Maria. Nella serata cremonese il destino di Maria è toccato a Laura Marinoni, che ha regalato una regina sensuale e volitiva, ma anche tragica e dimessa, in una sopraffina variazione di accenti, con un’aderenza al personaggio di sublime e calibrata perfezione.

Non da meno la Regina di Elisabetta Pozzi, una delle sue migliori interpretazioni degli ultimi anni: fredda, lasciva, ironica; perfetta in ogni accento, millimetrica nella gestualità, superba nella perfidia e dolente nell’abbandono finale. Anni di esperienza sono la base che permette all’indubbio talento della Pozzi di decollare verso un apice assoluto di tecnica e immedesimazione, supportato qui anche da una indomita energia e da un ritmo veloce e impositivo.

Per entrambe le Regine un’interpretazione unica, che crediamo resterà memorabile per molti anni.

Validissimi tutti i colleghi: da Gaia Aprea, simpatetico e partecipe Talbot, a Linda Gennari, che regala un Mortimer pieno di furore romantico, dalla forte tensione sia vocale che fisica. Olivia Manescalchi è un Paulet preciso e umano. Giancarlo Judica Cordiglia un Burleigh politico e infido, mentre Sax Nicosia un Leicester ambiguo e viscido. Giua è interprete delle canzoni e del tappeto sonoro dal vivo.

Su tutto l’occhio vigile e attento della regia, che ha il pregio di imporre tempi serrati, di sottolineare sonoramente i passaggi drammatici con notevole efficacia; ma soprattutto di creare uno spettacolo dagli accenti contemporanei, senza rinunciare ad una completezza sostanziale del testo, almeno nelle sue linee drammaturgiche essenziali.

Livermore esalta in particolare la figura romantica di Mortimer, l’unico personaggio non storico, lo “Schwärmer” di pura invenzione schilleriana; impostando un carattere a tratti estremo, esagitato, esuberante e giovanile, in netto contrasto con l’attenzione tutta politica e machiavellica degli altri personaggi. La lettura perciò si focalizza sul contrasto fra sincerità e politica, fra le aspirazioni libertarie tipiche del romanticismo e il calcolo derivante dai giochi di potere.

Maria Stuarda è una tragedia dalla storia già scritta. Al pari delle grandi tragedie classiche, l’interesse si deve fatalmente focalizzare sulla psicologia dei personaggi, che hanno il compito di innervare di umanità il testo, di concentrare l’interesse sull’universalità dei sentimenti. In questo si nasconde la “catarsi” dei testi schilleriani: nel sentire del pubblico assieme a dei personaggi che il destino ha già segnato. Perché non è l’esito che fa grande un testo drammatico, ma il fatto che i personaggi vivano insieme al pubblico le sensazioni che porteranno inevitabilmente al destino finale di ciascuno di essi.

Uno dei migliori lavori di Davide Livermore degli ultimi anni. Il regista lo sa e in occasione delle repliche Cremonesi (le ultime) è venuto ancora una volta a vedere il suo lavoro, partecipando ai saluti finali davanti ad un pubblico entusiasta che ha tributato applausi calorosi a lui e a tutti gli interpreti.

Raffaello Malesci (Martedì 19 Dicembre 2023)