
Spettacolo grottesco con ampie contaminazioni
Ringraziamo il regista Marco Isidori per aver lasciato stralci della scrittura euripidea, per il nostro palato!
Più che le Baccanti dovremmo intitolare questa rappresentazione Dioniso; una performance. Il Dio che scombussola l’intimità dell’uomo consegnandolo alla ferinità. La scena si apre con Dioniso, bello ed effeminato, portatore sempre di dualità. Urla e rivendica la sua natura divina, nascosto e salvato, da feto, nella coscia di Zeus. Perché solo se sei protetto da Dioniso sei makàr-beato: la follia consegna a una conoscenza superiore.
La Compagnia Reagente Marcido ne fa un’interpretazione al limite del grottesco, e l’aspetto catartico tenta di emergere attraverso una dimensione ludica.
Certo che le Menadi, che originariamente accompagnano il Dio, e si dimenano sul Citerone, qui sono solo un racconto del Coro.
Viene a mancare il pathos, sul quale la regia ha calcato per renderlo grottesco; Penteo custode bigotto delle tradizioni, vorrebbe consegnare definitivamente le donne alle spole e ai telai, ma loro fuggono nei boschi per unirsi simbolicamente a Dioniso in una follia iniziatica. L’ebrezza e la frenesia delle danze notturne, mentre sbranano e mangiano gli animali, rappresenta ritualmente la divinità e contiene in modo imperfetto un embrione dell’idea complessa del credente che si identifica con essa. Qui nella rappresentazione che ne fa Isidori è appena sfiorata; mentre a mio avviso è un aspetto potente: un’aspirazione religiosa, la morte periodica del Dio è una promessa di rinascita per i fedeli.
Lo spettacolo si concentra su un assolo, quello di Dioniso. Il Dio che vuole essere riconosciuto ma, soprattutto, vincere su Penteo. Un duello verbale per affermare il potere.
Dioniso ci piace. Distonico, duale, dispettoso; le sbavature nascono quando esula dal copione euripideo e strafà.
L’impianto scenico è interessante: cartelloni con le desiecta membra, dopo lo sparagmòs che ne fa Agave sono di sicuro impatto; il palazzo di Penteo scalato nella sua architettura, e da dentro abitato dal Coro attraverso i cui buchi affiorano le loro teste.
Adatto a un pubblico che ama il grottesco e la riscrittura.
A cura di Edwige Mormile
con Paolo Oricco, Maria Luisa Abate, Marco Isidori
Valentina Battistone, Ottavia Della Porta
Alessio Arbustini, Alessandro Bosticco
regia Marco Isidori
assistente alla Regia Mattia Pirandello
luci Fabio Bonfanti
scene e costumi Daniela Dal Cin
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa