Filippo Dini interpreta e dirige il capolavoro del drammaturgo francese
Torniamo a Trento, al bel Teatro Sociale in pieno centro, per l’ennesima proposta azzeccata di una stagione di prosa sempre attenta alle scelte e alla qualità delle proposte. Direttamente dal Teatro Stabile di Torino, Filippo Dini propone “Parenti Terribili” di Jean Cocteau, pièce di grande successo del 1938, dove Cocteau abbandona il tragico per ricalcare a suo modo gli stilemi del teatro di conversazione e del vaudeville.
Cocteau azzecca una sorta di farsa tragica, un dramma familiare che già nel trentotto anticipa sorprendentemente il dramma psicologico ed esistenziale, ma anche il gioco al massacro familiare ancora tanto in voga nell’attuale drammaturgia contemporanea. Basti pensare ad autori osannati come Yasmina Reza (Le Dieu du carnage), Francis Veber (Le Dîner de cons) o Matthieu Delaporte et Alexandre de la Patellière (Le Prénom).
Certo siamo ancora in una fase di passaggio fra la struttura farsesca del vaudeville, con i suoi tre atti canonici, il primo e l’ultimo che si svolgono nello stesso ambiente, il secondo per così dire in trasferta in un ambiente esterno, e la struttura a scena unica che prenderà definitivamente piede dopo la Seconda guerra mondiale. Il resto è parola, un distillato edipico di nodi che vengono al pettine, una carneficina sentimentale e verbale che non può lasciare superstiti. Il parossismo amorale di una struttura sociale, la famiglia, che non regge più e che giunge finalmente alla disgregazione. Parenti terribili è il vero capolavoro di Jean Cocteau, se n’era accorto il nostro Luchino Visconti, che ha avuto il merito di scegliere la pièce per la sua prima regia, il debutto italiano del testo nel 1945, con Gino Cervi e Rina Morelli.
Filippo Dini ne propone una versione rigorosa e attoriale, sfrondando di poco il testo originale, quel tanto che basta per togliere alcuni riferimenti eccessivamente transalpini, ma lasciando intatta la tensione e il ritmo. Ove necessario lo stilema della lingua francese è forzato e attualizzato dalla traduzione di Monica Capuani, come nella scelta di rendere con l’inglese “unbelievable” il tormentone del francese “incroyable”. Il disordine, che è metafore vivida dell’interiorità, è ben rappresentato in una casa che è appunto un “carrozzone” allo sbando, in palese contrasto col nitore ordinato della casa proustiana di Madeleine. Una casa quest’ultima che è un desiderio, una proiezione più che una realtà. La scena a cura di Maria Spazzi è semplice ed efficace, poche labirintiche pareti bianche che si sollevano per creare in modo immediato l’ambiente del secondo atto; lineari e coerenti i costumi di Katarina Vukcevic.
Dini si concentra sulla parola e azzecca un dialogo serrato e convincente, con divertenti quanto stranianti salite al parossismo, in cui l’urlo la fa da padrone e si occhieggia al teatro dell’assurdo, al ritmo del vaudeville, al climax della farsa. Tanto più efficace poi ne risulta l’affondo nel dramma.
Unico neo la pantomima iniziale, che mette in scena con maschere e mostri improbabili gli incubi della protagonista. Piccolo espediente di vanità che vuol far vedere il tocco del regista in una pièce in cui invece un bravo regista dovrebbe scomparire, annullarsi completamente. Un peccato veniale. Capita anche ai migliori.
Sugli scudi tutto il cast, a partire dal regista che interpreta Georges trovando un ritmo convincente e una pulizia tecnica sorvegliata ed efficiente, che raggiunge la massima efficacia nelle parti comiche. Inevitabile un certo distacco: il regista guarda sempre la sua opera dall’alto e non si abbandona mai totalmente al personaggio.
Al suo fianco brilla la svagata e cinica Léonie di Milvia Marigliano (grande Mrs. Clackett in Rumori Fuori Scena di qualche anno fa con lo Stabile di Torino); sempre asciutta e diretta, cinica e materna. Una bella prova per lei. Yvonne era la brava Mariangela Granelli, che tiene la scena con disinvoltura, adottando una recitazione spesso sopra le righe che fonde mirabilmente bisogno di attenzioni e debolezza psicologica.
Completano degnamente il cast la coppia di attori giovani: Giulia Briata e Cosimo Grilli. Fin troppo sorvegliata e prudente la prima; convincente ed efficace il secondo in un crescendo esponenziale di tic e nevrosi.
Applausi convinti nel finale.
Raffaello Malesci (venerdì 13 dicembre 2024)