Recensioni - Teatro

Amore e fisica quantistica

Al TeatroPonchielli Costellazioni di Nick Payne, un testo che reinterpreta lo scorrere del tempo a teatro

Sempre attenta alla drammaturgia contemporanea e mai banale nella programmazione, la stagione di prosa del Teatro Ponchielli ha aperto il 2024 con Costellazioni di Nick Payne, un testo in cui si racconta una storia d'amore secondo le leggi della fisica quantistica. Partendo dalle teorie degli universi paralleli il drammaturgo inglese costruisce un testo in cui alcuni snodi della storia tra Roland e Marianne -in questo allestimento ribattezzati con i nomi dei due interpreti, ovvero Pietro ed Elena- vengono ripetuti e dipanati in modo differente: basta infatti che cambi una parola o un atteggiamento per fare sì che la storia tra i due imbocchi un'altra direzione con sviluppi imprevedibili.

Il tema del “come sarebbe andato se…” certamente non è nuovo -solo per rimanere in ambito cinematografico basta ricordare titoli come Sliding Doors di Peter Howitt titoli o Destino cieco di Kieslowsky- ma qui la vicenda viene ulteriormente frammentata in piccole schegge, a volte anche della durata di una manciata di secondi, che mettono lo spettatore di fronte ad una storia che può evolvere in un infinito ventaglio di possibilità. Una banale vicenda sentimentale tra due ragazzi offre lo spunto per una riflessione sulla natura del tempo che da una concezione lineare, che prevede un prima, un durante e un dopo, viene fatta esplodere in una serie di infiniti presenti, ognuno dei quali racchiude le innumerevoli possibilità che si potrebbero verificare e, mentre noi stiamo assistendo ad un evento presente,  contemporaneamente, in altri universi paralleli, la stessa storia si sta ripetendo con più o meno significative variazioni.

A relativizzare ancora di più il concetto di tempo è la malattia che viene ad un certo punto diagnosticata ad Elena e che accentua la differenza di percezione del trascorrere del tempo da parte dei due giovani. A seconda di chi parla, qualche settimana può diventare niente o un’eternità. Paradossalmente sembra essere Paolo, che del tempo ha una visione diacronica, il più attaccato ai giorni che restano rispetto ad Elena che, pur avendo una prospettiva di vita più breve, ha del tempo una visione sincronica che quindi la porta ad attribuirgli molta meno importanza.
Il finale rimescola le carte e, facendo un balzo indietro, riapre la vicenda a nuovi possibili sviluppi che vengono lasciati all’immaginazione dello spettatore.

Efficace nella sua linearità la regia di Raphael Tobia Voegel che, avvalendosi dell’ottimo progetto luci di Paolo Casati riesce a caratterizzare i vari ambienti con dei semplici cambi di illuminazione realizati da un gruppo di teste mobili disposte perpendicolarmente sulla scena progettata da Nicolas Bovey. Assolutamente convincente la recitazione di Elena Lietti e Pietro Micci che trovano le giuste variazioni e l’efficace caratterizzazione di ogni singola scena anche se, magari, è la quarta o quinta volta che la stanno ripetendo.
Un testo interessante, costruito su un sottile equilibrio che, pur stuzzicando la mente, riesce a toccare il cuore, come hanno dimostrato i calorosi e ripetuti applausi scrosciati al termine della rappresentazione al Teatro Ponchielli.