Recensioni - Teatro

Attori in maschera per Giasone e Medea

Ha debuttato al Teatro Santa Chiara la nuova produzione del CTB firmata da Elena Bucci e Marco Sgrosso

Come nel teatro antico, ma anche nella commedia dell’arte, la maschera influisce sula recitazione ed il fatto che l’attore la indossi o meno ne modifica radicalmente l’impostazione: ad esempio Medea,  quando rivela i suoi pensieri più intimi e profondi si presenta a viso scoperto, ma anche Giasone, che non indossa mai la maschera, ne esce estremamente umanizzato. Questa nuova produzione infatti non si prefigge di  trovare delle risposte ma, al contrario,  pone ulteriori domande sulle figure dei protagonisti: Medea è la maga infanticida che la storia ci ha tramandato o un’esule costretta a vivere in una terra straniera dalla quale poi viene scacciata? E Giasone è semplicemente un poligamo opportunista o un padre che si piega alla necessità per il bene dei figli?
Lo spettacolo è sostanzialmente uno spettacolo di parola, e a questo proposito spiace notare che durante la replica cui abbiamo assistito l’amplificazione delle voci non fosse nitidissima. Al contrario va lodato il lavoro di drammaturgia che, pur attingendo da autori così distanti nel tempo, ha contribuito a creare un testo poetico, evocativo ed emotivamente coinvolgente.
Come sempre di alto livello la recitazione della Bucci e di Sgrosso, impegnato non solo nel ruolo di Giasone ma anche, stavolta con l’ausilio delle maschere, in quello di Creonte e della nutrice.
Efficaci anche Daniela Alfonso, Nicoletta Fabbri e Filippo Pagotto nei panni di un coro simpaticamente surreale impegnato a commentare e contrappuntare il dramma dei protagonisti.
Curato l’aspetto visivo grazie ai bei costumi disegnati da Elena Bucci e Marta Benini che esaltano la plasticità dei movimenti scenici scolpiti dalla belle luci di Loredana Oddone.
Partecipe il pubblico che ha salutato i protagonisti con ripetute chiamate a proscenio.

Davide Cornacchione 5/4/2016


Il mito di Giasone e Medea si tramanda da oltre due millenni e, quasi fosse una canzone popolare ha attraversato il tempo passando per le reinterpretazioni di Euripide, Apollonio Rodio, Grillparzer, Anouilh; autori scelti da Elena Bucci e Marco Sgrosso per riproporre il mito ai nostri giorni.
In questa nuova produzione del Centro Teatrale Bresciano la storia viene raccontata da un gruppo di teatranti che, su un palcoscenico assolutamente privo di ogni elemento scenico, dominato dalla sola quadratura nera, possono avvalersi solo della loro voce, del loro corpo e della maschera.