Recensioni - Teatro

Bassano: Book is a Book, is a Book: un sguardo al libro con gli occhi di Alice

B.Motion, la sezione dedicata al contemporaneo di Operaestate Festival, ha ospitato in questa fine agosto la prima nazionale di una creazione poetica dedicata al libro, intitolata Book is a Book, is a Book, firmata Trickster-p.

La produzione Trickster-p e Lugano Arte e Cultura offre un’avventura esperienziale, evocativa e coinvolgente, la cui realizzazione ha intercettato numerose altre co-produzioni tra le quali FOG, della Triennale di Milano, festival dedicato alle arti performative.
Concetto e realizzazione dell’evento, replicato per piccoli gruppi, nel rispetto della normativa vigente in tema di salute pubblica, sono stati ideati da Cristina Galbiati e Ilija Luginbühl; la drammaturgia, curata da Simona Gonella con Yves Regenass, ha offerto allo spettatore, munito di auricolari e isolato sul suo banco che sa di scuola, fermo nel buio illuminato solo da una lampada da ufficio e a tratti dai led di una torcia, un viaggio suggestivo nel libro dalla copertina grigia che si è trovato davanti. A fare da guida una voce attraente, prestata da Simona Gonella.
 
Immersi in uno spazio sonoro creato con cura da Zeno Gabaglio, i partecipanti si sono avvicinati passo passo all’oggetto-libro posto al centro del banco, un volume di 320 pagine grande quasi il doppio dei normali libri di narrativa che comunemente leggiamo, seguendo le istruzioni e poi “liberamente”, soffermandosi su brani, illustrazioni e fotografie che in un ordine apparentemente casuale lo componevano. Il collettivo svizzero da anni persegue un progetto di ricerca artistica che si muove in un territorio di confine e contaminazione tra diversi linguaggi; la sua poetica invita lo spettatore ad aprire i propri spazi percettivi e a creare la propria realtà in un territorio di frontiera tra la visione interiore e la visione esteriore. Anche in questo caso, l’esperienza proposta ha i caratteri dell’immersione, o meglio, di una caduta da Alice in un libro-labirinto che invece di “piccola o grande”, propone l’alternanza “dentro o fuori”. La voce invita dapprima a esplorare l’oggetto che si ha davanti e con lei gradualmente si abbandonano stereotipi e convenzioni e ci si chiede, ancora una volta: cos’è un libro? cosa vuol dire leggere? leggere davvero? La voce si sofferma a ricordare i meccanismi fisici che concorrono alla lettura, con i movimenti del tutto incongruenti che mettiamo in atto quando leggiamo; la capacità di tradurre questa serie di atti in parte involontari nella creazioni di mondi e fantasie immaginative è ancora in parte da indagare ed è una questione piena di fascino. A più riprese ci si sofferma a guardare delle mappe, compresa quella della stanza ospitante, si guardano geografie che compongono il nostro mondo percepito; tanti i richiami alle connessioni spazio-tempo, in cui impone una supremazia lo spazio in quanto elemento del tutto reale, materiale, ma qui le dimensioni del tempo, con le sue appendici creative di memoria e ricordo, non “sono” ma diventano anch’esse spazio del tutto reale da esplorare. La lettura è lo spazio del sogno?
 
Le pagine presentano delle illustrazioni scientifiche, tavole enciclopediche alla Diderot, brani in più lingue, frasi lapidarie, disegni — ricorre un elefante rosa di cui si capirà più tardi la presenza — e poi ci sono fotografie crepuscolari, case dentro e case fuori, stanze dentro e stanze fuori, quando la notte fa virare i giochi della luce e la realtà gioca con gli specchi. “Per quanto puoi scomporre ciò che vedi e ricomporlo sotto tutti i punti di vista, quello che apparirà non è che comunque l’oggetto reale”, sembra affermare con Gertrude Stein il titolo di questo viaggio nel libro che pagina per pagina porta a galla una vita, quella della donna che racconta, e insieme chiama a tuffarsi dentro immagini della propria. La voce a tratti abbandona, è in corso un temporale, poi chiede: dove sei adesso? Lo fa quando sa che sei fuori e vuole ricondurti dentro il labirinto.
 
Quando alla fine la Beatrice alla guida invita ad abbandonare in silenzio banco e libro, si insinua il rammarico infantile di quando si deve abbandonare un giocattolo, di quelli che si lasciano inanimati nel cesto lasciando con loro una parte di sé.
 
Un lavoro ben architettato, pieno di richiami e di suggestioni che affermano l’amore verso i libri e ne affermano il valore potenziale senza ricorrere a precetti o a qualsiasi forma di retorica, come tanti inviti alla lettura purtroppo tendono a fare. Un’operazione artisticamente e culturalmente ben riuscita.