Recensioni - Teatro

Beatrice Cenci un’eroina moderna a Torino

Cenci, Rinascimento contemporaneo. Riscrittura Michele Di Mauro

11 settembre 1599, Beatrice Cenci, viene decapitata.

Alla sua esecuzione assiste Artemisia Gentileschi, ancora bambina, sulle spalle del padre: Orazio Gentileschi; l’immagine di tale crudeltà rimarrà per sempre nei suoi occhi; ci regalerà, anni dopo, uno dei suoi capolavori: Giuditta che decapitata Oloferne, splendido. Anche Caravaggio assistette alla sua esecuzione.

Un drappo rosso come fondale apre la scena, inquietante e foriero di sangue, maschere orride sui visi dei quattro protagonisti: Francesco Cenci, Orsini, Lucrezia la matrigna, Beatrice. Interpretati da Davide Giglio, Francesca Ziggiotti, Francesco Pennacchia, Giorgia Cerruti.

La vicenda è tristemente nota, Beatrice Cenci, nobildonna romana, figlia di Francesco, accusata di parricidio, viene giustiziata pubblicamente di fronte a tutta la Roma rinascimentale. La sua testa esposta per giorni su un vassoio d’argenteo nella chiesa di San Pietro in Montorio a Roma, sepolta in seguito sotto la pala dell’altare.

Francesco Cenci, il padre, un depravato corrotto, e crudele verso tutti. Verso i figli maschi di cui si augura la morte per non provvedere al loro mantenimento; verso le donne della casa, dalle serve alla moglie e alla figlia, che violenta, maltratta, facendole vivere nell’indigenza. Beatrice fin da bambina assistette agli stupri compiuti dal padre.

Vane le denunce al Papa Clemente VIII; Francesco Cenci è un corrotto e maneggia col papato. Tutti i figli e la matrigna ordiscono il parricidio.

Il processo va avanti per quasi un anno, vengono tutti brutalmente torturati, anche il piccolo Bernardo di fatto ignaro, che sarà graziato dalla morte e condannato ai remi perpetui. Tutta la famiglia, compresi i servi complici, fu giustiziata. Tutti i beni incorporati dal Papato.

Perché rinnovellare tale vicenda, crudele, sanguinaria? Beatrice è una realtà dogmatica di un patriarcato che ancora oggi considera un corpo una proprietà.

Ma nel 1500 le donne erano proprietà di fatto, compresa la dote per il loro mantenimento.

Oggi no.

Riflettiamo.

Da vedere.

A cura di Edwige Mormile.

 

Regia e scrittura Giorgia Cerruti

Visual concept e disegno luci Lucio Dana

Sound Guglielmo Diana

Costumista Serena Tevisi Marceddu

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Piccola Compagnia della Magnolia n coproduzione con CTB-Centro Teatrale Bresciano Sardegna Teatro, Scarti-Centro di Produzione
con il sostegno di Teatro Akropolis
in collaborazione con I.I.C. Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia
e Fundacja Teatro Wschodni di Lublino
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