Sold out per Manuale di volo per uomo al Teatro Sociale
Raffaello, aiutante ferramenta, è un ragazzo che vive da solo e che appartiene alla categoria di quelli che vengono definiti “strani”, persone che magari sono dotate di talenti straordinari -lui ad esempio riesce a contare in tempo reale quante lettere ci sono in una parola, una frase, un discorso- ma non sempre possiedono quegli strumenti per essere perfettamente integrate nella società. Raffaello è un quarantenne rimasto bambino, forse anche perché da bambino è stato abbandonato in un istituto di suore dalla madre, che idealmente ritrova “più vegeta che viva” quando lei ormai è in punto di morte. L’occasione è quella per fare un bilancio della propria esistenza fino a quel momento ed intraprendere un percorso di catarsi emotiva che gli consentirà di liberarsi di tutte le zavorre del passato, vincere il proprio senso di solitudine ed iniziare a volare.
In Manuale di volo per uomo, testo scritto ed interpretato da Simone Cristicchi, con la regia di Antonio Calenda, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano e dal Teatro Stabile d’Aruzzo, l’attore romano riprende alcuni spunti autobiografici, come poi racconterà al pubblico nel breve inciso finale, e crea uno spettacolo in cui si fondono dramma e poesia.
Raffaello, durante questo lungo monologo/dialogo con la madre, che in alcuni casi assume anche il tono della resa dei conti, dà voce alle varie figure che ha via via incontrato nel corso della sua esistenza: dalla suora con i baffi, alla zia Margherita, all’amico ferramenta, alla sua ragazza Yelena. Figure in parte reali, in parte immaginate, che hanno permesso a lui, che si sente come un “diplomatico”, cioè quella pastina che non manca mai nel vassoio dei dolci ma che poi alla fine nessuno vuole mangiare, di sentirsi meno solo e, dall’alto della sua stranezza, che però è anche sinonimo di libertà, di spiccare finalmente il volo.
L’azione si svolge all’interno di una asettica sala d’ospedale, progettata da Domenico Franchi, ravvivata da alcune semplici ma efficaci idee di Antonio Calenda che sostengono la poesia del racconto: il letto che diventa automobile, L’armadietto che diventa la lapide della “fidanzata”, oppure il suggestivo finale in cui il sogno di Raffaello viene ambientato in un quadro di Chagall.
Cristicchi funziona in scena e regge bene l’ora e mezza di monologo. La sua è una recitazione spontanea, non accademica, che ben si sposa con il carattere naïf del personaggio, anche se di quando in quando si avverte la necessità di qualche sfumatura in più nel raccontare.
Lo spettacolo è caratterizzato da una sorta di doppio finale, infatti, terminata la narrazione, Cristicchi si intrattiene ancora qualche minuto per spiegare la genesi del testo, per poi suggellare il tutto con una toccante esecuzione della sua canzone “Abbi cura di me”.
Il pubblico che per tutte le repliche ha esaurito il Teatro Sociale ha risposto con applausi calorosi e ripetute chiamate a proscenio.