Recensioni - Teatro

Brescia: Il domatore tra finzione e verità

Applaudito al Teatro Sociale il testo di Vittorio Franceschi

È un’intervista il pretesto da cui prende avvio Il domatore, il testo di Vittorio Franceschi andato in scena a Brescia al Teatro Sociale, coprodotto dal Teatro Due di Parma e dal Centro Teatrale Bresciano con regia, scene e costumi di Matteo Soltanto. Un colloquio in cui le verità si svelano poco a poco quello tra Cadabra, un celebre domatore di leoni ormai prossimo alla pensione ed una giornalista che per questa chiacchierata gli ha promesso un compenso di 5000 euro. L’intervista procede in modo non lineare: all’inizio è un lungo monologo di Cadabra, sporadicamente interrotto da qualche intervento dell’intervistatrice, un po’ come nei dialoghi-monologo di Thomas Bernhard, quindi, dopo qualche contrasto che rischia di far saltare tutto, si crea un nuovo equilibrio, alcune asperità caratteriali si smussano ed il rapporto che si crea tra i due diventa quello della reciproca confidenza.

Cadabra è un domatore sui generis: balla con i suoi leoni, che hanno tutti il nome di una battaglia famosa, e non disdegna di condividere con qualcuno di loro un goccio di whisky. La sua vita è stata solo il circo, dal momento in cui suo padre venne ucciso da una tigre -aveva scelto le tigri perché con i leoni non avrebbe mai raggiunto il livello del fratello, fuoriclasse assoluto- fino ad oggi, alle soglie della pensione. La sua vista non è stata scandita dai pochi e relativamente importanti amori ma dal legame con il fratello Abra, l’Augusto (nel linguaggio circense il clown con il naso rosso), un rapporto quasi di simbiosi che nel corso dell’intervista riserverà qualche sorpresa.

Il circo metafora della vita, con le sue soddisfazioni, le delusioni, i lutti, il bisogno di soldi, la voglia di riscatto. È un lungo racconto venato di malinconia ma mai di rimpianti quello di Cadabra, che, al contrario, come ogni uomo di spettacolo, si diverte all’inizio a recitare la parte del domatore, abbozzando anche un tentativo di corteggiamento della ragazza, per poi far cadere ogni barriera e aprire alla sincerità.
Vittorio Franceschi, che oltre ad essere autore è anche protagonista dello spettacolo, tratteggia un domatore in cui convivono ironia e malinconia, che non rinuncia ad una certa posa teatrale ma che allo stesso tempo ha voglia di raccontarsi e farsi raccontare, cercando di far aprire al dialogo anche la sua interlocutrice. Al suo fianco Chiara Degani è una giornalista all’inizio asciutta e distaccata (forse un po’ troppo) che però poi si lascia andare, scoprendo anche le sue corde più intime e finalmente sciogliendo quella coda di cavallo che le imbrigliava i capelli rendendola ancora più austera. 
Calorosa la risposta del pubblico del Teatro Sociale che nel finale si è sciolto in lunghi applausi.