Recensioni - Teatro

Brescia: L’Ignota tra realtà e finzione

Debutta al San’Afra Come tu mi vuoi di Pirandello nell’interpretazione metateatrale dell’Invisibile Kollettivo

La pandemia, oltre ad aver drasticamente ridotto l’attività dei teatri per quasi un anno, ne ha accentuato alcune criticità che già si trascinavano da tempo. Una in particolare: la difficoltà di riproporre i testi classici nella loro integralità.  Intendiamoci: non è che non se ne allestiscano più in senso assoluto, prova ne sono le recenti repliche bresciane del Mercante di Venezia sempre targato CTB, tuttavia difficoltà produttive, riduzione dei budget, impossibilità di sostenere per una tournée compagnie di 10-15 attori, hanno portato ad una progressiva rarefazione di allestimenti dei testi originali ed un sempre più frequente fiorire di rielaborazioni, adattamenti, riscritture. Proposte che sopperiscono al nostro bisogno dei classici, che in alcuni casi nascono da idee forti, che suggeriscono nuove chiavi di lettura, mentre in altri camuffano l’impossibilità di allestire il testo così come è stato concepito.

Dopo il sopracitato Shakespeare di Branciaroli, ha debuttato a Brescia al Teatro Sant’Afra, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano, il Pirandelliano Come tu mi vuoi dell’Invisibile Kollettivo: cinque attori che, secondo i dettami del collettivo, hanno curato adattamento, regia ed interpretazione del testo.
Il dramma, scritto nel 1929, prende spunto dal caso dello Smemorato di Collegno e racconta di una donna, descritta nel testo come l’Ignota, che vive in Germania e che viene riconosciuta da un fotografo italiano come Lucia, la moglie di un amico scomparsa da casa da un decennio.  Lei accetta di tornare in Italia e di riprendere la sua vita di un tempo fino a quando, scoperto che il marito aveva intrapreso questa ricerca soprattutto per motivi ereditari, ne rimane delusa ed inizia ad insinuare il dubbio di non essere lei la vera Lucia, me che questa sia una donna con problemi psichici che è stata trovata nel frattempo.

La ricerca di identità dell’Ignota, la posizione ambigua che assume al momento di tornare alla sua vita precedente -che forse non era neanche la sua- viene risolta in questo spettacolo in chiave metateatrale: la protagonista diventa un’attrice, che dichiara fin da subito il suo ruolo al pubblico, avvalendosi anche di brani da Trovarsi, un altro testo pirandelliano, dando vita ad un gioco di incastri tra realtà e finzione scenica. Un tema, quello del teatro nel teatro, che è uno degli elementi portanti dell’opera di Pirandello, pertanto utilizzarlo come chiave interpretativa anche in quei testi in cui non è così manifestamente esplicitato suona un po’ prevedibile ed inflazionato.

In questo caso lo spazio scenico viene spogliato di ogni orpello, con pochissimi elementi che contribuiscono a svelare la finzione teatrale, scelta rischiosa perché più il palcoscenico è vuoto e più deve essere riempito dalla regia, che in questo caso però è sembrata non essere sufficiente. Una recitazione perlopiù frontale, dominata dalla parola che sembra avere il sopravvento sull’azione, quasi si trattasse di un lungo racconto, che a volte sembra chiudersi su sé stesso. Interessante l’idea di rendere ancora più centrale la figura della protagonista sdoppiandola ed affidandola alle due attrici Elena Russo Arman e l’ottima Franca Penone che spiccano per incisività e tenuta del palcoscenico, mentre più funzionale appare il contributo dei tre uomini ovvero Nicola Bortolotti, Lorenzo Fontana e Alessandro Mor, impegnati in più ruoli.
Calorosa al termine la risposta del pubblico che affollava il Teatro.