Recensioni - Teatro

Brescia: Lella Costa e l'importanza della memoria fra Piazza Fontana e l'uomo sulla luna

Lella Costa ci accompagna con grazia e ironia sul treno dei ricordi: il mondo che si ferma a osservare le imprese di Armstrong e compagni, le occupazioni e gli scioperi, le canzoni dei Led Zeppelin e dei Beatles.

Nell’ambito del progetto “La stagione inquieta della Repubblica” va in scena al Teatro Sociale di Brescia “La parola giusta” un monologo di Marco Archetti interpretato da Lella Costa con la regia di Gabriele Vacis, una produzione Centro Teatrale Bresciano e Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa.

Sono passati 50 anni. 50 anni dal primo passo dell’uomo sulla luna ma anche 50 anni dalla strage di Piazza Fontana e dalla “fine dell’innocenza” dei movimenti giovanili del ‘68.

Lella Costa ci accompagna con grazia e ironia sul treno dei ricordi: il mondo che si ferma a osservare le imprese di Armstrong e compagni, le occupazioni e gli scioperi, le canzoni dei Led Zeppelin e dei Beatles.

Lo sguardo è quello dolce e malinconico della memoria dei propri 17 anni, di quella giovinezza intessuta di speranze e passioni, di primi amori ed esperienze che paiono le avventure della vita.

Momenti semplici, scanzonati, quotidiani… la scuola, i genitori, le proteste, un giovane fidanzato con un bel lavoro in banca (ma delle orribili cravatte), un vinile come regalo di Natale… momenti di ordinaria felicità improvvisamente turbati dallo scoppio di una bomba. La bomba che sventrò la sala principale della Banca dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano.

Ma il racconto non si ferma; troppe cose ci sono da ricordare: Pino Pinelli, Valpreda ballerino, i depistaggi e le omissioni, il processo a Catanzaro, Giovanni Ventura e Franco Freda… fino allo scoppio della bomba in Piazza Loggia a Brescia il 28 maggio del 1974, i funerali delle vittime, l’incessante e insoddisfatta richiesta di giustizia.

I temi sono gravosi eppure lo spettacolo scorre leggero sulle parole che delineano le vicende di questi due ragazzi (personaggi di finzione dati dalla fusione delle storie di molti) che si amano, si allontanano, si ritrovano per poi perdersi per sempre.

Ogni avvenimento storico assume quindi un gusto personale che lo rende più fruibile e toccante, un giusto mix tra l’amarcord e il tentativo di avvicinarsi al pubblico più giovane.

La scena, spoglia, delineata da interessanti luminismi e l’utilizzo efficacemente evocativo degli ombrelli, insieme alla scenofonia (con ripetuti e poderosi scoppi e il drammatico audio originale dei momenti successivi all’esplosione in Piazza Loggia), entrambe a cura di Roberto Tarasco, sorregge con misura ed energia una performance delicata e a tratti commovente.

“La parola giusta” se da un lato racconta con naturalezza gli eventi tragici e complessi delle stragi di Milano e Brescia, dall’altro stimola l’approfondimento, la voglia di consapevolezza, la ricerca di quella “parola giusta” che “non abbia detto che il nero è bianco” (come nella poesia di Kapuściński che dà il titolo all’opera) e che si avvicini alla verità.

Perché “noi non siamo testimoni perché c’eravamo: siamo testimoni perché non abbiamo mai smesso di esserci”.